Dialetti siciliani

Tratti fonetici

In questa pagina vengono riassunte le caratteristiche fonetiche principali dei dialetti della Sicilia.

Nucleo della fonetica di un dialetto é il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche", cioè sulle quali cade l'accento, del latino evolvettero verso le corrispondenti del dialetto. Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino, proprio della penisola Iberica, della Francia, nonchè di gran parte dell'Italia (ad esclusione di parte della Calabria e della Basilicata, della Sicilia e della Sardegna) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della distinzione fra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con la distinzione fra vocali chiuse ed aperte. Lo schema che rappresenta questo sistema é il seguente, illustrato con degli esempi tratti dalla lingua italiana:

i lunga > i spinu(m) spino
i breve > é nive(m) néve
e lunga > é tela(m) téla
e breve > è dente(m) dènte
o breve > ò core(m) c(u)òre
o lunga > ó sole(m) sóle
u breve > ó cruce(m) cróce
u lunga > u muru(m) muro
a > a pane(m) pane

In Sicilia, però, questo sistema è di norma sostituito da uno detto "siciliano" o pentavocalico, nel quale le vocali /i/ breve e lunga, /e/ lunga latine confluiscono nella vocale /i/; parallelamente, /u/ breve e lunga, /o/ lunga latine confluiscono nella vocale /u/. Lo schema è dunque il seguente:

i lunga > i spinu(m) spino
i breve > i nive(m) nive
e lunga > i tela(m) tila
e breve > è dente(m) dènte
o breve > ò core(m) c(u)òre
o lunga > u sole(m) sule
u breve > u cruce(m) cruce
u lunga > u muru(m) muro
a > a pane(m) pane

Questo vocalismo tonico interessa tutte le parlate siciliane, tranne alcune delle colonie medievali gallo-italiche, e precisamente quelle di S. Fratello, Sperlinga e Nicosia, Novara e Fondachelli-Fantina, Piazza, ma non Aidone (DGIS).

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Vari fenomeni sono di seguito intervenuti a modificare questo semplice schema, a seconda delle regioni. Quelli che hanno interessato anche le parlate siciliane in esame sono descritti di seguito.

Metafonesi
Questo fenomeno colpisce le vocali toniche /é/, /è/, /ó/, /ò/ che risultano dallo schema appena visto, quando la vocale finale della parola originaria latina è /i/ oppure /u/. In particolare, ciò avviene per i sostantivi e gli aggettivi maschili singolari (terminazioni latine /-us/, /-um/) e plurali (terminazione latina /-i/), rispetto ai corrispondenti femminili singolari e plurali (terminazioni /-a/, /-ae/).

La metafonesi é tipica dell'Italia centro-meridionale, che include le Marche fino alla provincia di Macerata, l'Umbria al di quà del Tevere con Spoleto, Foligno, Terni, e la Sabina fino alle porte di Roma, mentre nel toscano, così come nell'italiano standard, non esiste. Gli esiti delle vocali alterate sono però diversi a seconda della zona.

La /é/ e la /ó/ passano normalmente a /i/ e, rispettivamente, /u/. Facendo qualche esempio tratto dalla parlata di Ortona (Ch), si ha così:

/é/ > /ì/ nìrë 'neri', ma nérë 'nero'
/ó/ > /ù/ gëlùsë 'gelosi', ma gëlósë 'geloso'

Le vocali aperte /è/, /ò/ possono invece avere due esiti differenti. Il primo tipo di metafonesi, detto sabino perchè tipico, tra le altre zone, della Sabina ivi compresa L'Aquila, prevede la chiusura di dette vocali a /é/, /ó/. Così, all'Aquila si ha:

/è/ > /é/ bégliu 'bello', ma bèlla 'bella'
/ò/ > /ó/ bónu 'buono', ma bòna 'buona'

L'altro tipo di metafonesi è quello sannita, tipico di larga parte dell'Italia centro-meridionale. Essa prevede la dittongazione, generalmente con esito /ié/, /uó/. Nel dialetto napoletano si ha, ad esempio:

/è/ > /ié/ viécchjë 'vecchio', ma vècchja 'vecchia'
/ò/ > /uó/ nuóvë 'nuovo', ma nòva 'nuova'

Molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e così l'esito metafonetico diventa un monottongo, /ì/, /ù/. Ad esempio a Termoli: vìcchjë 'vecchio', nùvë 'nuovo'.

La situazione in Sicilia è disomogenea e molto ben studiata. Classicamente si individuano due aree, per lo più interne, nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo dittongato o monottongato, circondate da aree principalmente costiere senza metafonesi.

La prima area metafonetica è quella sud-orientale, delimitata verso l'esterno dai centri di Acate, Mazzarrone, Licodia, Grammichele, Mineo, Pelagonia, Scordia, Militello, Vizzini, Buccheri, Buscemi, Palazzolo, Canicattini, Noto, Pachino (SDI, p).

La seconda zona metafonetica, più vasta, comprende al suo limite verso l'ovest i centri di Pollina, Castelbuono, Petralia Sottana, Polizzi, Collesano, Scillato, Caltavulturo, Sclafani, Montemaggiore, Alia, Castronovo, Cammarata, Casteltermini, Campofranco, Grotte, Racalmuto, Castrofilippo, Naro, Camastra, Campobello, Ravanusa, Butera, Mazzarino, Barrafranca, Pietraperzia, Enna, Valguarnera, Agira, Catenanuova, Centuripe, Regalbuto, Troina, Gagliano, Cerami, Capizzi, e Caronia (SDI, p). Mentre nei centri più esterni la metafonesi è dittongata, il dittongo si ritrae progressivamente procedendo verso l'interno, finché si trova la forma monottongata a Mazzarino, Riesi, Sommatino, Caltanissetta, Serradifalco, S. Cataldo, Marianopoli, S. Caterina, Villarosa, Calascibetta, Gangi, Leonforte, Enna, Pietraperzia e Barrafranca (p). Al di fuori di quest'area, isole metafonetiche sono a Floresta, Lipari e Salina (p).

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Isocronismo sillabico e Frangimenti delle vocali toniche
Il sistema vocalico tonico di tipo "siciliano" è stato talvolta turbato dal fenomeno della dittongazione spontanea, cioè incondizionata, delle vocali medie /è/, /ò/. Tale fenomeno si differenzia per origine dal dittongo metafonetico, in quanto questo è condizionato dalla vocale successiva o finale. Infatti, il dittongo incondizionato colpisce anche parole femminili come tièsta, bièlla, ecc., oltre che maschili. Il fenomeno è ritenuto opzionale e legato ad una pronuncia enfatica. Caratterizza le parlate di Palermo e di alcuni centri limitrofi come Bagheria, Montelepre, Giardinello, Carini, Terrasini, Balestrate, Corleone, ecc. ma è altrimenti guizzante sul territorio, e non lo prenderemo in conto ai nostri fini classificatori.

Indebolimento delle vocali atone
E' sicuramente una delle caratteristiche più vistose, e più note anche ai meno esperti, dei dialetti centro-meridionali. In buona parte delle parlate "alto-meridionali", le vocali atone, cioè non accentate, tendono a confluire nell'unico esito "neutro", qui rappresentato con la grafia /ë/. Le parlate cosiddette "mediane" conservano invece le atone finali, anche con la distinzione fra /-u/ e /-o/ latine, per un totale di cinque vocali chiaramente percepibili. All'estremità opposta, le parlate "meridionali estreme", in primis quelle siciliane, conservano tre vocali finali, con il conguaglio di /-e/ a /-i/ e di /-o/ a /-u/.

La Sicilia è dunque quasi interamente caratterizzata da un vocalismo atono a tre vocali, quantunque l'effetiva pronuncia di queste finali può variare anche in funzione di fenomeni di armonia vocalica. Inoltre alcune aree specifiche presentano un inventario leggermente diverso: nelle colonia gallo-italiche di S. Fratello e Piazza abbiamo conservazione di /-a/ ed /-i/, più /-ë/ in cui confluiscono le altre vocali (DGIS); similmente a Sperlinga (DGIS), dove il terzo suono è piuttosto una /o/ molto chiusa (DGIS); a Nicosia si conserva /-a/ e la /-i/ passa ad /ë/, mentre le altre vocali confluiscono in /-ö/ (DGIS); infine, a Caltagirone e S. Michele di G., già colonie gallo-italiche, la /-a/ è conservata, mentre /-u/, ed /-i/ hanno suono indistinto. Nell'altro centro gallo-italico di Novara le vocali finali sono quattro, con differenziazione di /-i/ ed /-ë/ (DGIS). Condizioni a due vocali (/-a/, /-ë) si hanno ad Aidone (DGIS) e Valguarnera e nei centri madoniti di Pollina e Castelbuono (LCDM). In molti di questi casi, la vocale centrale /-ë/ può alternare con la completa apocope.

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Alterazione di /-ll-/
Questo fenomeno non riguarda tutta l'Italia centro-meridionale, ma solo una sua porzione, prevalentemente appenninico-tirrenica e meridionale estrema. Consiste nell'alterazione dei nessi /lli/, /llu/ (e talvolta anche /li/, /lu/) che nella parte centrale hanno come esito /ji/, /ju/, /gli/, /gliu/. Talvolta è solo il nesso /-lli/ che subisce palatalizzazione. Esiti particolari sono quelli cacuminali (retroflessi) (/ghju/, /ddu/, ecc.). Più a sud, il fenomeno in questione riguarda tutti i nessi /ll/, anche davanti ad altre vocali, ed ha spesso l'esito nonpalatale /dd/ o retroflesso.

La Sicilia presenta generalmente quest'ultimo tratto, con varie realizzazioni, tranne in un area dove i nessi /-ll-/ sono conservati. Questa comprende alcuni centri alle pendici nord-occidentali dell'Etna, di antica origine gallo-italica: Bronte (AIS, p), Maletto, Randazzo, S. Domenica V., Roccella, Montalbano e S. Piero P., oltre alle vicine Novara e Fondachelli-Fantina dove si conserva la parlata di origine settentrionale. Negli altri centri "lombardi" (S. Fratello, Sperlinga, Aidone, Piazza e Nicosia) il nesso tende a scomparire in fine di parola velarizzandosi, come del resto i nessi con liquida scempia /-le/, /-lo/ (cavau 'cavallo', fiu 'filo' ecc.) (DGIS). Sicilia_palatalizzazione (1030K)

Altri fenomeni riguardanti il consonantismo
I nessi formati da consonante + /l/ hanno normalmente dato in Sicilia gli esiti tipici di tutto il Meridione: chjave da clave(m), chjano da planu(m), janco da blancu(m) (anche se proprio questo vocabolo ormai presenta il nesso /bj/ quasi dovunque, mentre tipi come jeta 'bieta' o jastemà 'bestemmiare' continuano il passaggio da /bl/ a /j/), sciume da flume(n).
Fanno eccezione due aree che presentano l'alterazione meridionale di questi nessi, ma con esiti leggermente diversi. In una regione centrale, l'esito di /fl/ non è la fricativa palatale ma la velare (hjume, hjatu) come in certe aree molisane Questa zona include i centri di Palma, Naro, Sommatino, Enna, Calascibetta, Gangi, Geraci, S. Mauro, Petralia Sottana, Castellana, Villalba, Bivona, Caltabellotta (p), ma non i centri immediatamente ad ovest o est di questi. Punti isolati sono Floresta, Bronte e Novara (p).
Più a sud, è l'esito del nesso /pl/ a cambiare rispetto alla norma siciliana: invece dell'occlusiva palatale si ha l'affricata /ci/ (ciavi, ciazza), come in certe zone del casertano. Questo fenomeno interessa la quasi totalità del ragusano tranne Acate, il meridione del siracusano appena fuori dal capoluogo a partire da Palazzo, Solarino, Canicattini, Cassibile, Avola (DGIS, p), nonché i centri gallo-italici di Piazza e Aidone (DGIS) e quelli più isolati di Licata e Palma (p).

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Il nesso latino /-lj-/ si è evoluto in italiano ed in molti dialetti meridionali nella laterale palatale /-gli-/: figlio da filiu(s), moglie da mulier ecc., mentre l'Italia centrale presenta generalmente il suono approssimante /jj/ o addirittura la sua forma scempia /j/ (fì(j)jë, mó(j)jë). Un terzo esito è il velare palatale o retroflesso /gghj/, che è predominante in Sicilia.
Tuttavia, in buona parte dell'agrigentino, del nisseno e in aree limitrofe, si ritrova l'esito italiano /gli/. Questa zona ha come limite occidentale e settentrionale i centri di Agrigento, Calamonaci, Caltabellotta, Palazzo A., Bivona, S. Stefano Q., Cammarata, Vallelunga, Villalba, Resuttano (p). A Blufi, Bompietro e Alimena l'esito /-ll/ alterna con quello /-gli-/ (LCDM). Il fronte orientale della zona con laterale palatale include poi Gangi, Calascibetta, Enna, Pietraperzia, Riesi, Ravanusa e Licata (p). Una seconda area che va contro la norma siciliana è quella delle Madonie settentrionali: a Pollina, S. Mauro, Pettineo, Castel di Lucio, ma anche a Isnello e Grattieri si ha /gli/; a Castelbuono l'esito approssimante /jj/; a Collesano i due esiti convivono (LCDM, p). Ritroviamo l'esito palatale isolato a Novara, centro di origine lombarda.

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Un tratto tipicamente meridionale è la rotacizzazione, cioè il passaggio ad /r/, della /d/ iniziale ed intervocalica.
Il rotacismo è diffuso in tutta la Sicilia occidentale e sudorientale, nonché sul versante settentrionale delle Madonie. Viceversa, manca nella Sicilia meridionale, centrale e nord-occidentale. A sud-ovest la frontiera passa tra Sciacca, Bisacquino, Corleone, Prizzi, che hanno rotacismo, e Ribera, Caltabellotta, Sambuca, Chiusa, Palazzo A., Castronovo, dove è assente (p). Prosegue verso nord-est tra Alia, Caccamo, Cerda, Scillato, Castelbuono, S. Mauro, Mistretta e Caronia, che hanno rotacismo, e Aliminusa, Caltavulturo, Castellana, Geraci, Gangi, Capizzi, S. Teodoro e S. Fratello, dove è assente (p). Fa eccezione Pollina, a nord di questa linea, che non sembra avere rotacismo. Nel resto del messinese il rotacismo manca, così come lungo la costa catanese fino ad Acireale (p); ma qui giunge e si ferma una corrente rotacizzante dal sud-est, che interessa anche Catania città e forse qualcuno dei centri limitrofi, ma non l'interno della provincia tranne il versante occidentale etneo con Biancavilla, Adrano, Bronte, Maletto, Randazzo, Cesarò e S. Domenica che hanno rotacismo. Il siracusano è interamente rotacizzante, così come il ragusano, ed il fenomeno sconfina da sud nel catanese a Caltagirone, S. Michele, Mirabella, Vizzini e Scordia, ma non a Grammichele, Mineo, Militello e Ramacca (p). Il fenomeno manca pure nelle province di Enna e Caltanissetta, ed in quella di Agrigento tranne che nel lembo estremo orientale già visto. Da notare che un diverso esito di /-d-/ è quello che porta a /t/, soprattutto nell’area attorno a Messina (AIS, BIDS).

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Lo scempiamento delle geminate è un fenomeno tipicamente settentrionale e in genere si arresta alle Marche, tranne che per quanto riguarda il nesso /-rr/, che diventa scempio in vaste are del Centro, ad esempio a Roma. Ritroviamo il fenomeno, limitatamente all'ultima sillaba in fine di parola e alle occlusive interne (jat 'gatto', boca 'bocca') in Sicilia in alcune delle antiche colonie "lombarde", cioè a S. Fratello, Sperilinga e Nicosia, Aidone, ma non a Novara e Piazza.

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Il passaggio del nesso latino /kj/ a /ts/ invece che a /ci/ (vràzzë 'braccio', fàzzë 'faccio') caratterizza l'estremo sud della Penisola, a sud ed est di una linea che i linguisti definiscono Salerno-Lucera. Una linea prossima separa gli esiti del nesso /ndj/ o /ngj/: a nord /gn/ (strégnë 'stringere', cagnà 'cambiare'), a sud /ng/ (strengë, cangià). Un'isoglossa ancora più meridionale è quella che segna il passaggio di /j/ a /sc/ (scì 'andare').
In Sicilia, come nella vicina area calabrese, i primi due fenomeni sono uniformemente diffusi, mentre il terzo è totalmente assente.

Distribuzione simile attorno alla Salerno-Lucera possiede l'esito del nesso latino /sj/, il quale si conserva come /(s)ci/ a nord (cascë, fasciulë), mentre passa a /s/ (casë, fasulë) a sud. Anche in questo caso la Sicilia è quasi del tutto omogenea, ma con due eccezioni. In alcuni centri di origine gallo-italica la /s/ passa alla post-alveolare sonora /sg/ (basger, cusger 'cucire'), mentre nel messinese si ha l'esito centrale /sci/ come nella contigua area reggina oltre lo Stretto. Quest'ultima area arriva almeno fino a Barcellona sul Tirreno, ma non a Patti e Tripi (p), e a Mandarice e Nizza sullo Jonio, ma non a Gallodoro (p).

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La sonorizzazione delle consonanti dopo /n/, /m/ ed anche di /s/ dopo /r/, come in fóndë 'fonte', càmbë 'campo', órzë 'orso', ecc. è uno dei fenomeni centro-meridionali più tipici.
Procedendo verso sud, questo fenomeno si estingue in Calabria a sud del cosentino, ma riappare inaspettatamente in Sicilia. E' difficile tracciare un'isoglossa sicura, anche perché di solito l'esito sonoro non viene trascritto nei testi spontanei, ma sembra che la sonorizzazione sia marcata nel catanese, cioè in città e almeno nei centri vicini di Paternò, Misterbianco, Belpasso ecc. (ALS, p). Il resto della Sicilia è diviso in una fascia settentrionale, dove la sonorizzazione è sicuramente assente, ed una meridionale dove è leggermente percettibile, e viene trascritta nei testi scientifici con un suono intermedio tra /t/ e /d/ (ALS). La frontiera tra queste due aree corre da ovest a est lasciando Castellammare, Vita, Salemi, Caltabellotta, Calamonaci, Villalba, S. Cataldo, Alimina, Valguarnera, Castel di Iudica, Lentini nella zona quasi sonorizzante e Alcamo, Palermo, Bagheria, Polizzi, Sperlinga, Troina, Bronte, Novara in quella non sonorizzante (p). Una seconda zona di transizione è a nord del catanese e comprende Zafferana, Giarre, ecc. (p).

Un altro tratto comune a tutto lo spazio centro-meridionale è l'assimilazione (progressiva) di /mb/, /nd/ in /mm/, /nn/, come in sammuchë 'sambuco', mónnë 'mondo'.
Anche in questo caso il fenomeno sembra esaurirsi in Calabria, ma riappare in Sicilia interessando quasi tutta l'isola. Ne sono esenti solo quattro zone tra loro disconnesse: alcuni centri attorno a Barcellona tra cui Castroreale, Rodì, Furnari e un tempo Milazzo; i due vicini centri già gallo-italici di Roccella V. e Montalbano E.; quelli catanesi di Bronte e Maletto; i centri lombardi di Sperlinga e Nicosia (p).

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Un tipico tratto settentrionale è invece la sonorizzazione intervocalica e finale delle occlusive sorde /k/, /p/ e /t/.
Il fenomeno non interessa generalmente la Sicilia, tranne che nei centri gallo-italici Novara, S. Fratello, Nicosia, Sperlinga, Piazza e Aidone, dove è ben presente (p).

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Infine, fenomeni comuni a tutti i dialetti siciliani sono la resa /-r-/ del nesso latino /-rj-/, la molteplicità degli esiti del nesso latino /l/ + consonante, in genere compresenti nelle stesse varietà, gli esiti retroflessi dei nessi /-(s)tr-/.

Fonti (sigle)
op: osservazione personale.
p: pubblicazioni varie in rete.
ALI: Atlante Linguistico Italiano.
AIS: Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera meridionale.
ALS: Atlante linguistico della Sicilia.
DGIS: G. Costa, Il dialetto gallo-italico di Sperlinga: un’analisi sociolinguistica.
SDI: G. Piccitto, Il Siciliano dialetto italiano.
BIDS: V.N. di Caro, Il bilinguismo italiano-dialetto in Sicilia.

II parte - Aree dialettali