Dialetti delle Marche

Tratti fonetici

In questa pagina vengono riassunte le caratteristiche fonetiche principali dei dialetti delle Marche.

Nucleo della fonetica di un dialetto é il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche", cioè sulle quali cade l'accento, del latino evolvettero verso le corrispondenti del dialetto. Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino, proprio della penisola Iberica, della Francia, nonchè di gran parte dell'Italia (ad esclusione di parte della Calabria e della Basilicata, della Sicilia e della Sardegna) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della distinzione fra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con la distinzione fra vocali chiuse ed aperte. Lo schema che rappresenta questo sistema é il seguente, illustrato con degli esempi tratti dalla lingua italiana:

i lunga > i spinu(m) spino
i breve > é nive(m) néve
e lunga > é tela(m) téla
e breve > è dente(m) dènte
o breve > ò core(m) c(u)òre
o lunga > ó sole(m) sóle
u breve > ó cruce(m) cróce
u lunga > u muru(m) muro
a > a pane(m) pane

Vari fenomeni sono di seguito intervenuti a modificare questo semplice schema, a seconda delle regioni. Quelli che hanno interessato anche le parlate picene sono descritti di seguito.

Metafonesi
Questo fenomeno colpisce le vocali toniche /é/, /è/, /ó/, /ò/ che risultano dallo schema appena visto, quando la vocale finale della parola originaria latina è /i/ oppure /u/. In particolare, ciò avviene per i sostantivi e gli aggettivi maschili singolari (terminazioni latine /-us/, /-um/) e plurali (terminazione latina /-i/), rispetto ai corrispondenti femminili singolari e plurali (terminazioni /-a/, /-ae/).

La metafonesi é tipica dell'Italia centro-meridionale, che include le Marche fino alla provincia di Macerata, l'Umbria al di quà del Tevere con Spoleto, Foligno, Terni, e la Sabina fino alle porte di Roma, mentre nel toscano, così come nell'italiano standard, non esiste. Gli esiti delle vocali alterate sono però diversi a seconda della zona.

La /é/ e la /ó/ passano normalmente a /i/ e, rispettivamente, /u/. Facendo qualche esempio tratto dalla parlata di Ortona (Ch), si ha così:

/é/ > /ì/ nìrë 'neri', ma nérë 'nero'
/ó/ > /ù/ gëlùsë 'gelosi', ma gëlósë 'geloso'

Le vocali aperte /è/, /ò/ possono invece avere due esiti differenti. Il primo tipo di metafonesi, detto sabino perchè tipico, tra le altre zone, della Sabina (provincia di Rieti), prevede la chiusura di dette vocali a /é/, /ó/. Così, all'Aquila si ha:

/è/ > /é/ bégliu 'bello', ma bèlla 'bella'
/ò/ > /ó/ bónu 'buono', ma bòna 'buona'

L'altro tipo di metafonesi è quello sannita, tipico di larga parte dell'Italia centro-meridionale. Essa prevede la dittongazione, generalmente con esito /ié/, /uó/. Nel dialetto napoletano si ha, ad esempio:

/è/ > /ié/ viécchjë 'vecchio', ma vècchja 'vecchia'
/ò/ > /uó/ nuóvë 'nuovo', ma nòva 'nuova'

Molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e così l'esito metafonetico diventa un monottongo, /ì/, /ù/. Ad esempio a Termoli: vìcchjë 'vecchio', nùvë 'nuovo'.

La situazione nelle Marche è abbastanza complessa. Si possono infatti individuare aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sabino, ed aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sannita, dittongata o monottongata, ed aree nelle quali la metafonesi è assente.

L'area caratterizzata da metafonesi sannita da /-u/ e da /-i/ dittongata comprende innanzitutto l'ascolano, cioè i dialetti di Ascoli e delle sue frazioni (AIS, p), Roccafluvione, Palmiano, Venarotta, Ripaberarda fr. di Castignano, Appignano (DDP), Castel di Lama, Colli, Castorano, Folignano e Spinetoli (p). Comprende inoltre Maltignano, Monsampolo (p) e Monteprandone, Porto d'Ascoli fr. di S. Benedetto, Offida (p), Castignano, Rotella, Cossignano (DDP), Ripatransone (p), Porchia fr. di Montalto e Acquasanta (p).

A est, nord e ovest dell'area dittongante si trovano comuni con metafonesi sannita monottongata. Innanzitutto la fascia adriatica con S. Benedetto (DDP), Acquaviva, Grottammare (AIS), Cupra, Massignano (p). Poi la Valdaso con Montefiore (DDP), Carassai (p), Montalto (p), Force (p). Infine la montagna con Montegallo (DDP), Meschia e Pedara fr. di Roccafluvione (p), ed Arquata (p).

Le estremità settentrionali dell'ascolano contigue con il fermano e quelle sudorientali contigue con il sabino presentano metafonesi sabina. La frangia settentrionale comprende Montedinove (p), Montemonaco (p) e Comunanza (DDP), oltre alle le moderne frazioni lungo il fondovalle Aso influenzate dal fermano (non rappresentate sulla carta). La frangia sud-orientale comprende Montecalvo fr. di Acquasanta (p) e verosimilmente Tufo e Capodacqua fr. di Arquata, già fr. di Accumoli.

Nel fermano-camerte-maceratese, la metafonesi sabina è diffusa in maniera omogenea, quantunque in passato si avessero condizioni sannite monottongate ad es. a Petritoli e Campofilone. Nei dialetti di Recanati, Potenza e Portorecanati (p), la metafonia scompare, in continuità con la situazione vigente più a nord, nell'anconetano. Di recente, anche Civitanova e i centri all'interno come Montelupone (p) hanno perso la metafonesi nei sostantivi e aggettivi, conservandone residui nei dimostrativi ed in certe forme verbali.

Nell'anconetano, la metafonesi sabina interessa i comuni contigui al maceratese, ossia Filottrano, Staffolo, Cupramontana (p) e verosimilmente S. Paolo, Serra S. Quirico (p). Oggi anche Fabriano, che in passato conosceva la metafonesi dittongata, appartiene a questa zona, insieme alle sue frazioni orientali Albacina e Poggio S. Romualdo. A Cerreto (p) vigono ancora condizioni miste, con dittongamento della /è/ e chiusura 'sabina' della /ò/ (tiémpu, mórtu). La metafonesi dittongata interessava ancora nel XIX sec. un'area appenninica compatta che andava da Fabriano a Pergola. Oggi, oltre parzialmente a Cerreto, sopravvive a Genga (p) e Pierosara (DPA), nonché nelle frazioni conservative di Sassoferrato (DPA, op) come Montelago e Murazzano e forse quelle di Arcevia a S della Misa, ma in questi ultimi centri pare solo sulle semi-aperte. I capoluoghi di Arcevia (DArc) e Sassoferrato (CDM) facevano parte di quest'area ma oggi la metafonesi non vi sembra più attiva.

Il resto dell'anconetano, con lo jesino, l'osimano, Castelleone (p), il senigalliese, nonché Fano, Pesaro, Urbino, ecc. non conoscono la metafonesi. Questa riappare, ma con diverse caratteristiche, ormai settentrionali, in un lembo del Montefeltro contiguo con il riminese. Qui la metafonesi agisce in modo irregolare e soprattutto sulle medio-basse, le quali si innalzano per effetto della sola /-i/ finale. Queste condizioni proseguono nella Romagna, dove diventano man mano più regolari.

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Isocronismo sillabico e Frangimenti delle vocali toniche
Buona parte del sistema vocalico "romanzo comune" è stato successivamente alterato, in alcune zone, da una corrente linguistica che ha provocato la differenzazione della qualità e quantità delle vocali toniche in base al grado di apertura della sillaba. Il caso più comune è quello delle vocali semi-aperte /è/, /ò/ che in sillaba complicata (SC), ovvero nelle sillabe che terminano con una consonante, si conservano inalterate (bèl-la, gròs-sa), mentre in sillaba libera (SL), ovvero nelle sillabe che terminano con la vocale stessa, si chiudono in /é/, /ó/ (pé-de, nó-va).

Questa differenziazione sillabica per posizione può colpire anche le vocali semi-chiuse /é/, /ó/, ma qui gli esiti si accavallano e confondono con quelli dei cosiddetti frangimenti vocalici. Questo fenomeno consiste nell'alterazione delle vocali toniche tanto nell'apertura quanto nel timbro, dando luogo a svariati esiti, dittonghi, palatalizzazioni, ecc. Il risultato è quella 'babele' linguistica che spesso porta a ritenere assolutamente diversi i dialetti di centri vicini che magari, ad un'analisi più scientifica, presentano invece caratteristiche del tutto simili. Inoltre, questo tratto dialettale è spesso avvertito dagli stessi parlanti come 'arcaicizzante' e quindi sconveniente rispetto a parlate più regolari e perciò più 'moderne'. In alcuni centri, in cui pure si è manifestato in passato, è stato pertanto dapprima reso facoltativo, poi del tutto rimosso.

I diversi tipi di frangimenti possono essere raggruppati in poche categorie. Un primo tipo riguarda le sole vocali chiuse in sillaba libera, mentre un secondo tipo incondizionatamente tutte le toniche chiuse. Nell'ascolano esiste o esisteva in passavo solo quest'ultimo tipo. Per esempio, nel dialetto di Grottammare:
/é/ > /à/ in SL e SC nàrë 'nera', e stràttë 'stretta'
/ó/ > /à/ in SL e SC gëlàsë 'gelosa', e ràscë 'rossa'
/ì/ > /éi/ in SL e SC féilë 'filo', e réiccë 'riccio'
/ù/ > /óu/ in SL e SC fóumë 'fumo', e bróùttë 'brutto'

Nell'ascolano l'isocronismo nelle sue varie forme è dunque assente. I frangimenti incondizionati erano presenti anche a Monteprandone, Montalto, Force, Cupra, S. Benedetto, ecc. ma sono ovunque in regresso per influsso dei dialetti cittadini e dell'italiano. Anche nell'anconetano il fenomeno è assente.

Invece condizioni isocroniche caratterizzano l'area gallo-picena in contiguità con quelle gallo-italiche. L'isocronismo gallo-italico è completo, avendosi differenziazione vocalica su base sillabica per l'intero inventario di vocali. Per esempio, nel dialetto di Rimini:
/à/ > /èè/ in SL sëla 'sala', ma mat 'matto'
/ì/ > /é/ in SC drétt 'dritto', ma fig 'fico'
/ù/ > /ó/ in SC brótt 'brutto', ma nud 'nudo'

Nella provincia PU la maggiore e più regolare di queste differenziazioni è quella che riguarda la /a/, con il tipico esito /è/ in sillaba aperta (comprese le sillabe terminanti per liquide). Questo fenomeno si arresta a Cagli, Fossombrone, S. Ippolito, Barchi, Montemaggiore, S. Costanzo (p), ma non riguarda, appena più a sud, Pianello, Cantiano, Pergola, S. Lorenzo, Mondaino, Orciano, S. Giorgio, Mondolfo (p). Inoltre ad Urbino città e nei dintorni, dove il fenomeno era probabilmente noto un secolo fa, oggi è rientrato. A Fano la differenziazione è solo debolmente percettibile.

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Indebolimento delle vocali atone
E' sicuramente una delle caratteristiche più vistose, e più note anche ai meno esperti, dei dialetti centro-meridionali, per cui le vocali atone, cioè non accentate, tendono a confluire nell'unico esito "neutro", qui rappresentato con la grafia /ë/. Una tendenza simile, spinta fino all'apocope di tutte le vocali tranne /-a/, la si ritrova nelle parlate settentrionali.

Nell'area ascolana interna, la /a/ in posizione finale rimane esclusa da questo fenomeno, mentre nella fascia costiera anch'essa confluisce nel suono neutro. Più in dettaglio, l'area in cui la /-a/ si conserva include l'ascolano come definito sopra, nonché Monteprandone, Monsampolo e Offida (ma qui solo recentemente per influsso dell'ascolano, e solo per nomi ed aggettivi, mentre in passato si aveva /-ë/ e la si ha ancora per forme verbali e avverbi), Maltignano, Rotella, Montedinove, Castignano, Acquasanta, Arquata (p) e Montegallo. Nei centri di S. Benedetto (DDP) e Acquaviva si ha invece indebolimento anche di /-a/.

Le restanti aree hanno più o meno subito l'influsso delle condizioni vigenti a nord, nel fermano, dove l'indebolimento non c'è stato e si sono conservate tutte le vocali atone, anche con la distinzione tra /-u/ ed /-o/. Quest'area comprende oggi la Valdaso con Montefiore, Carassai, Montalto, Force, Comunanza e Montemonaco anche se la situazione era forse diversa in passato. Carassai, ad esempio, ha vocali conservate 'fermane' (ma /-o/, /-e/ confluiscono in /-e/, /-ë/), ma certe terminazioni in /-ë/ tradiscono un passato in cui vigevano piuttosto condizioni 'ascolane'. Stessa situazione a Comunanza, Force e nelle frazioni di Quinzano, Casale e Castel S. Pietro. A margine di questa fascia, un'area particolare presenta un "inventario misto" di vocali atone forti (conservate) e deboli (indebolite). Spesso le prime sono riservate ad aggettivi e terminazioni verbali a denotare il genere del soggetto. E' questo il caso ben studiato di Ripatransone dove tu magne (la /-a/ diventa /-e/) è riferito ad un soggetto femminile mentre tu magnu ad uno maschile. Condizioni simili si hanno o avevano fino a tempi recenti anche a Cossignano, mentre a Montalto si hanno i due inventari ma con esiti fissi. Anche i centri di Grottammare (AIS), Cupra (p) e Massignano (p), una volta con sola /-ë/ finale, oggi presentano anche condizioni a quattro vocali atone, condizionate dalle parti del discorso, soprattutto al di fuori dei centri storici.

Nel fermano-maceratese-camerte, si ha generalmente conservazione delle quattro vocali atone. Nella zona di Matelica e S. Severino (p), poco studiata, pare che vigano le cosiddette condizioni "cervarole" (dal nome di un comune del Lazio nel quale questo fenomeno fu per la prima volta identificato), per cui il grado della vocale finale dipende da quello della tonica, secondo una specie di armonia vocalica (friddu ma béllo). Nell'angolo nord-orientale della provincia, invece, compaiono le condizioni anconetane a quattro vocali, che non differenziano tra /-u/ ed /-o/ originarie, ma le realizzano entrambe nell'una o nell'altra maniera. Quest'area è più vasta di quella che non conosce metafonia, comprendendo anche Civitanova, Montecosaro, Morrovalle e Montelupone (p).

Attraverso l'anconetano si passa gradualmente dalle condizioni maceratesi con cinque vocali a quelle gallo italiche in cui tutte le vocali finali cadono completamente tranne la /-a/. La zona a cinque vocali comprende Filottrano, Staffolo, Cupramontana, Mergo, Serra S. Quirico, Cerreto, Pierosara e Genga (op, DPA). Con Loreto, Osimo e Jesi (p) comincia l'area a quattro vocali, che comprende anche Numana (p), Massignano (ma qui le vocali dopo /n/ cadono, DPA), Ancona stessa (AIS, p), Falconara (p), Camerata (p, come Massignano), Chiaravalle (p), Monte S. Vito (p), Ostra (p), Belvedere Ostrense (p), Castelleone (p), Montecarotto (AIS, p) e Rosora (p), con la particolarità che nell'anconetano e nelle aree finitime l'unico esito di /-o/ e /-u/ tende ad essere percepito come /-u/ e che nell'anconetano cominciano a comparire /-ë/ "settentrionali" in libera alternanza. Il sistema tetravocalico è presente anche ad Arcevia (p) e Fabriano (p), ma in passato (DArc, DPA) qui vigeva un sistema a tre vocali, nel quale la /-i/ finale confluiva in /-e/. Queste condizioni sopravvivono ancora oggi, ma solo in parte, nel contado di Sassoferrato (p).

Le condizioni gallo-italiche cominciano con Corinaldo (p), dove si hanno tre vocali, /-a/, /-i/ ed /-ë/ e continuano con Ripe, Monterado (DPA) e l'area senigalliese nella quale l'apocope totale è in libera alternanza con /-ë/. Quest'area interessa Senigallia (p) e anche Montemarciano, almeno in passato (AIS), nonché Castelferretti (p). Al di là di Ancona, l'area con vocalismo atono gallo-italico continua in un'isola a ridosso del Conero, che comprende Camerano, Poggio e Varano (qui anche si conserva una /-ë/ in fine di frase). Ai fini classificatori, considerermo apocope e /-ë/ come varianti di un unico esito.

A N del Cesano, distinguiamo un'area a quattro vocali, una intermedia dove permangono tre vocali ed un'area, più pienamente gallo-italica, dove anche la /-i/ confluisce ad /-ë/ o cade del tutto. La prima comprende S. Lorenzo in C., Pergola (tranne Montevecchio e Cartoceto), Frontone, Serra S. A. e Cantiano (p), nonché Pianello fr. di Cagli. La seconda Cagli, Apecchio con una vicina frazione di Città di Castello, Piobbico, Acqualagna, Urbania, Peglio, S. Angelo, Mercatello, Borgo Pace, Lunano, Belforte, e Piandimeleto (p), nonché Monteporzio e Mondolfo in continuità col senigalliese. Nel resto della provincia PU vige l'apocope di tutte le vocali tranne /-a/.

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Metafonesi di /à/
La metafonesi di /à/, limitatamente alle finali in /-i/ ha una distribuzione che taglia l'Italia dall'Adritico al Tirreno, lambendo l'ascolano dove sembra limitata alle forme verbali (magnë 'mangio', ma mègnë 'mangi'). Questo fenomeno sembra attestato per i comuni di Maltignano con Piane di Morro fr. di Folignano (p), Acquasanta compreso Montecalvo e Arquata. E' invece sconosciuto più a nord, compreso nel pesarese, nonostante sia invece presente in Romagna e poi nell'area gallo-italica.

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Palatalizzazione di /-ll-/ davanti a /i/ e /u/ originarie latine
Questo fenomeno non riguarda tutta l'Italia centro-meridionale, ma solo una sua porzione, prevalentemente appenninico-tirrenica e rivolta a sud. Consiste nella palatalizzazione dei nessi /lli/, /llu/ che hanno come esito /ji/, /ju/ o /gli/, /gliu/ oppure varianti retroflesse (cacuminali).

Nelle Marche la palatalizzazione interessa di norma solo il nesso /lli/. Nell'ascolano è più regolare e si ritrova ad esempio nei pluralli dei sostantivi uscenti in /llu-/ in latino. Si ha così cavàllë 'cavallo', ma cavajë o, a seconda delle zone, cavagghjë 'cavalli'. Più a nord è presente nei nessi primitivi, ad esempio caglina 'gallina', ma i plurali in /-lli/ sono in genere rifatti analogicamente sui singolari, e non presentano palatalizzazione. Quest'area giunge a N fino a Cerreto (p), Sassoferrato (p) e Genga (p), ma escludendo Fabriano e Arcevia (p, DArc) almeno al presente; tocca Staffolo (p), Filottrano (p), Montefano (p) e Recanati (p), ma esclude Maiolati (p), Jesi (p), Osimo (p) e Loreto (p). Dunque anconetano, jesino e osimano non conoscono palatalizzazione, ma questa ritorna più a N nella zona di Senigallia (p) che include anche Corinaldo (p), Castelleone (p) e Montemarciano (AIS) e poi in tutto il pesarese. Qui si dice, ad esempio, gal, burdèl 'gallo, ragazzo', gaj, burdèj 'galli, ragazzi'. Il fenomeno scompare solo nelle estreme propaggini di questa provincia, in continuità con la Romagna riminese, ad esempio a Belforte, Carpegna, Tavoleto (p).

L'aerale dell'esito occlusivo palatale /ghj/ comincia con la zona ascolana e continua a valle di questa fino a Maltignano, Monsampolo e Monteprandone. A S. Benedetto si manifesta, sotto le stesse condizioni, l'esito /j/, così come lungo la costa e nel resto della regione considerata. Nell'alta valle del Tronto la situazione è meno chiara: Acquasanta (DDP) non sembra conoscere il fenomeno, Montegallo (DDP) sì ed Arquata (Pescara del Tronto, p) addirittura con esito /gli/ e forse anche da /-u/. Evidentemente qui, come forse nella confinante Accumoli, il fenomeno deve essere penetrato dall'aquilano.

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Altri fenomeni riguardanti il consonantismo

Il nesso latino /-lj-/ si è evoluto in italiano ed in molti dialetti nella laterale palatale /-gli-/: figlio da filiu(s), moglie da mulier ecc. Anche in questo caso, però, un'area prevalentemente adriatica si oppone all'esito regolare e presenta il suono /jj/ o addirittura la forma scempia /j/ (fì(j)jë, mó(j)jë). In questo concorda con un'area tirrenica che include Roma (fìo) e parte dell'Umbria. Tra le due aree innovative si incunea un corridoio appenninico che unisce le regioni che presentano la palatalizzazione regolare a nord (Umbria, Toscana) e sud (Molise, ecc.). Le Marche presentano quasi per intero l'esito approssimante /j/. Un'area attorno ad Ascoli, però, presenta l'esito occlusivo palatale /gghj/ identico a quello del nesso originario /lli/. L'esito /gghj/ caratterizza l'area ascolana centrale definita sopra, oltre ai due centri di Monsampolo e Monteprandone (p).

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L'apocope (caduta finale) delle sillabe /-ne/, /-no/ produce forme del tipo pà, vì 'pane', 'vino'. Si tratta di un fenomeno tipico marchigiano, presente già ad Ancona e diffuso fino alla periferia settentrionale abruzzese. Lo si ritrova dunque in quasi tutta l'area considerata, tranne nelle estreme appendici settentrionali e sudoccidentali (zona ex accumolese di Tufo e Capodacqua). Nella fascia più interna del maceratese, attorno ai centri di Matelica e Camerino, l'apocope interessa solo la sillaba /-ne/ (per cui si hà , ma vinu). La stessa situazione continua nell'anconetano a Cerreto, Genga, nel dialetto moderno di Arcevia - mentre nell'antico l'apocope era completa - a Castelleone e Ostra. Il fenomeno manca del tutto a Fabriano e Sassoferrato e poi nell'area gallo-italica, già a partire da Corinaldo, a Senigallia, Camerano e Massignano, dove anzi la /-n/ finale (in questa zona le vocali atone finali cadono, v. sopra) assume una coloritura velare molto caratteristica.

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Lo scempiamento delle geminate presenta due correnti ben distinte che si incontrano proprio nelle Marche tra le province di Ancona e Pesaro-Urbino. Una prima corrente è quella che interessa la geminata /-rr-/ ed è un tratto caratteristico del Lazio centrale (per cui si ha, ad es., a Roma, tera 'terra', core 'correre'). Però compare anche nell'anconetano e nelle aree del maceratese ad esso contigue, come quelle di Matelica e S. Severino (p), o ancora Recanati e Porto (p). Risulta invece assente a N di Ancona, a partire da Montemarciano e poi a Senigallia e Corinaldo (p). Qui arriva da nord una seconda corrente, quella che induce lo scempiamento di tutte le geminate. Questo fenomeno interessa l'anconetano con Varano e Poggio (p), Senigallia, Corinaldo, Mondavio, una parte del comune di Fratte Rosa, Pergola, Frontone, Pianello e Apecchio (p), ma non i centri a sud di questa linea. Inoltre nella fascia più meridionale e occidentale, lo scempiamento è condizionato dalla posizione pretonica della geminata, e solo più a nord interessa anche la posizione postonica. Così lo scempiamento è condizionato a Senigallia, Mondolfo, Monteporzio, Mondavio, Barchi, S. Giorgio, Montemaggiore, Petriano, Urbino, Sassocorvaro (p), incondizionato a S. Costanzo, Fano, Cartoceto, Pesaro e contado, nonché Tavoleto (p), in continuità con la Romagna riminese. Inoltre l'area attorno ad Ancona va con quella più settentrionale: lo scempiamento è incondizionato ed occorre sia in posizione pretonica (galina 'gallina') che postonica (fato 'fatto'). Quest'area comprende Falconara, ma non Camerano, Varano, Poggio (dove però sussiste lo scempiamento pretonico), Massignano, né Numana, ecc. e sembra comunque essere generalmente in regresso.

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Fenomeni centro-meridionali e settentrionali interessanti le Marche solo in parte

La sonorizzazione delle consonanti dopo /n/, /m/ ed anche di /s/ dopo /r/, come in fóndë 'fonte', càmbë 'campo', órzë 'orso', ecc. è uno dei fenomeni centro-meridionali più tipici. Ma questo tratto è assente in quasi tutta la provincia anconetana, fatta eccezione per Filottrano e Jesi.

Un altro tratto comune a tutto il Centro-Sud è l'assimilazione (progressiva) di /mb/, /nd/, /ld/ in /mm/, /nn/, /ll/, come in sammuchë 'sambuco', mónnë 'mondo', callë 'caldo'. Anche questa isoglossa fondamentale corre attraverso le Marche. L'assimilazione di /nd/, infatti, presente ancora ad Arcevia, Montecarotto, Jesi, Camerata, Polverigi e Osimo, nonché a Camerano e Massignano, scompare a Castelleone, Barbara, Ostra Vetere, Ostra, Monsano, Monte S. Vito, Chiaravalle, Ancona e Numana, e più a nord di questa linea. L'assimilazione di /ld/ scompare anche prima, essendo già assente ad esempio a Jesi e Osimo.

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Un tipico tratto settentrionale è invece la sonorizzazione (o lenizione) intervocalica e finale delle occlusive sorde /k/, /p/ e /t/. Di queste consonanti, la meno resistente è l'ultima, ed infatti si hanno tracce di questo fenomeno (magnèd 'mangiato') nell'angolo più settentrionale della regione, a Pesaro, Gradara, Mercatino C. e Tavoleto (p), ma non, ad esempio, a Montegrimano, Sassocorvaro, Petriano, Monteciccardo e Fano (p).

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Fenomeni uniformi sia nel Centro-Sud e che nelle aree gallo-italiche (ma non in Toscana), per cui generalmente presenti nelle Marche, sono la resa in /-r-/ del nesso latino /-rj-/ (fornaro 'fornaio', paro 'paio') e l'assenza di anafonesi fiorentina e italiana (léngua 'lingua'). Per quanto riguarda il primo fenomeno, però, l'angolo più occidentale della provincia pesarese va piuttosto con l'Umbria ed il suo esito di /-arju/ in /-ao/, che localmente ha dato /-èj/ o /-è/ per via di altri fenomeni sopra esposti. E' questo il caso di Mercatello, S. Angelo in V., Urbania, Piobbico, Belforte e Sassocorvaro (p), ma non Frontino, Urbino, Cagli, Cantiano, ecc. (p).

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Fonti (sigle)
op: osservazione personale.
p: pubblicazioni varie in rete.
AIS: Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera meridionale.
DDP: F. Egidi, Dizionario dei dialetti piceni fra Tronto e Aso.
DPA: S. Balducci, I Dialetti, in: La Provincia di Ancona - storia di un territorio.
DArc: G. Crocioni, Il dialetto di Arcevia.
CDM: A. Neumann-Ritter von Spallart, Charakteristik des Dialektes der Marche.

II parte - Aree dialettali