Antonio Sciarretta's Toponymy |
Nucleo della fonetica di un dialetto é il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche", cioè sulle quali cade l'accento, del latino evolvettero verso le corrispondenti del dialetto. Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino, proprio della penisola Iberica, della Francia, nonchè di gran parte dell'Italia (ad esclusione di parte della Calabria e della Basilicata, della Sicilia e della Sardegna) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della distinzione fra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con la distinzione fra vocali chiuse ed aperte. Lo schema che rappresenta questo sistema é il seguente, illustrato con degli esempi tratti dalla lingua italiana:
i lunga | > i | spinu(m) | spino |
i breve | > é | nive(m) | néve |
e lunga | > é | tela(m) | téla |
e breve | > è | dente(m) | dènte |
o breve | > ò | core(m) | c(u)òre |
o lunga | > ó | sole(m) | sóle |
u breve | > ó | cruce(m) | cróce |
u lunga | > u | muru(m) | muro |
a | > a | pane(m) | pane |
La metafonesi é tipica dell'Italia centro-meridionale, che include le Marche fino alla provincia di Macerata, l'Umbria al di quà del Tevere con Spoleto, Foligno, Terni, e la Sabina fino alle porte di Roma, mentre nel toscano, così come nell'italiano standard, non esiste. Inoltre, l'Abruzzo adriatico costituisce una zona a sè stante, in quanto vi si presenta solo la metafonesi da /u/ finale. Gli esiti delle vocali alterate sono però diversi a seconda della zona.
La /é/ e la /ó/ passano normalmente a /i/ e, rispettivamente, /u/. Facendo qualche esempio tratto dalla parlata di Ortona (Ch), si ha così:
/é/ > /ì/ | nìrë 'neri', ma nérë 'nero' |
/ó/ > /ù/ | gëlùsë 'gelosi', ma gëlósë 'geloso' |
Le vocali aperte /è/, /ò/ possono invece avere due esiti differenti. Il primo tipo di metafonesi, detto sabino perchè tipico, tra le altre zone, della Sabina ivi compresa L'Aquila, prevede la chiusura di dette vocali a /é/, /ó/. Così, all'Aquila si ha:
/è/ > /é/ | bégliu 'bello', ma bèlla 'bella' |
/ò/ > /ó/ | bónu 'buono', ma bòna 'buona' |
L'altro tipo di metafonesi è quello sannita, tipico di larga parte dell'Italia centro-meridionale. Essa prevede la dittongazione, generalmente con esito /ié/, /uó/. Nel dialetto napoletano si ha, ad esempio:
/è/ > /ié/ | viécchjë 'vecchio', ma vècchja 'vecchia' |
/ò/ > /uó/ | nuóvë 'nuovo', ma nòva 'nuova' |
La situazione nel Lazio è quanto mai complessa. Si possono infatti individuare aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sabino, aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sannita, per lo più dittongata ma anche monottongata.
Il reatino è quasi tutto a metafonesi sabina, a cominciare da Accumoli (p), Amatrice (AIS) e nel capoluogo. Un'area a confine con la provincia di Terni presentà però una curiosa situazione mista, in cui convivono metafonesi sabina (sulle /ò/) sannita (sulle /è/ che dunque dittongano). Ad esempio, a Leonessa, bjégliu 'bello', e gróssu 'grosso'. Quest'area comprende, oltre a Leonessa, anche il versante occidentale del Terminillo con Poggio Bustone (p), mentre la metafonesi sannita sembra ancora del tutto vitale a Rivodutri (p), Greccio (p, Loporcaro) e dunque verosimilmente nei centri intermedi di Labro, Colli e Morro (mentre Moggio fr. di Rieti andava con la diocesi di Narni e va dunque probabilmente esclusa). Quest'area mista continua al di là del confine provinciale con Polino (Tr). Nella zona continua a Narni con Magliano Sabina, la metafonesi è ormai assente sulle medio-alte, ma forse resiste sulle medio-basse quella di tipo sabino.
L'area di metafonesi sabina continua a S nella provincia romana con, ad esempio, Palombara (AIS), e si estende fino alle porte di Roma nei centri di Tivoli, Guidonia Montecelio, Mentana e Monterotondo (p), ma non passa il Tevere poiché già Fiano, Castelnuovo ecc. non conoscono il fenomeno (quantunque si hanno tracce di metafonesi passata nella zona dei Cimini). La valle dell'Aniene è pure tutta a metafonesi sabina, ma quest'area compatta si interrompe nella zona prenestina: mentre Olevano, S. Vito, Pisoniano e Casape (p) hanno ancora metafonesi sabina, Palestrina, Genazzano e Valmontone (p) hanno metafonesi sannita dittongata, Capranica e Cave (p) la hanno sannita monottongata. Già a Labico (p), però, la metafonesi sabina ricompare, per continuare andando verso ovest a Zagarolo.
La situazione nei Castelli Romani è alquanto variegata. A Rocca Priora, Montecompatri e Frascati si ha ancora metafonesi sabina (p). Monte Porzio Catone, Grottaferrata e Marino, Albano, Castel Gandolfo e Ariccia, Genzano e Lanuvio non hanno metafonesi nominale - se non nei pronomi dimostrativi - come a Roma. Invece Rocca di Papa, Nemi e Velletri presentano metafonesi sannita. A Lariano (condizioni miste?) questa seconda zona di metafonesi sannita tocca quella prenestina. A SE di questa zona ricomincia la metafonesi sabina che interessa i rimanenti centri di Artena, Segni, Montelanico, Gavignano, Gorga e Carpineto (p). L'area "romana" senza metafonesi continua invece sul litorale con, ovviamente, le città di nuova fondazione, ma anche Nettuno (p).
La Ciociaria è divisa in tre fasce per quanto riguarda la metafonesi. L'area più occidentale continua il dominio della metafonesi sabina nella provincia romana, con centri come Anagni, Trevi, Alatri, Ferentino (p) ed il versante settentrionale dei Lepini con Sgurgola, Morolo, Supino, Patrica, Giuliano e, più a S, Amaseno (p). Verso la valle del Sacco, questa fascia finisce con Ceccano (p) a S e Veroli a N, dove però sembra che non vi sia metafonia da -u sulle medio-aperte (bèllu ma bégli). Frosinone ha ancora tracce di metafonesi sabina (foco) ma costituisce il punto di partenza di una vasta area con metafonesi sannita. Questa comprende i restanti centri già pontifici: Arnara, Ripi, Pofi, Boville, Ceprano, Castro, Vallecorsa, Villa S. Stefano, ecc. (p) e continua al di là del vecchio confine duosiciliano con Pastena e S. Giovanni Incarico (p) e verosimilmente Monte S. Giovanni. Lungo la valle del Liri, l'area "sabina" è interrotta da un gruppo compatto di comuni con metafonia "sannita": Arce, Colfelice, Rocca d'Arce, Roccasecca, Aquino, Pontecorvo, Pico ed Esperia (p) e verosimilmente il resto dell'aquinate con Colle S. Magno, Castrocielo e Santopadre. La zona "sabina" continua a N nella valle della Melfa con Fontana, Arpino, Castelliri - ma non Sora (op) che ha metafonesi sabina come la contigua Val Roveto abruzzese, mentre per Isola Liri viene riportata una concomitanza dei due tipi di metafonesi (LD) - e poi i restanti centri fino al confine molisano. Anche il cassinese presenta compattamente metafonesi sannita, con Cassino, Terelle, Piedimonte e, verso S, S. Giorgio, S. Apollinare, Vallemaio e, in provincia di Latina, Castelforte con Suio.
L'area a metafonesi sabina di Aquino e Pontecorvo continua fino a toccare la costa in due punti. Ad O di Castelforte, comprende Ausonia (AIS) e poi S. Cosma e Damiano, Minturno, Spigno e Coreno (p). Dall'altra parte, Fondi (p) e, verosimilmente, Campodimele hanno pure metafonesi sabina. Tra le due appendici si trova un'isola di metafonesi sannita che comprende Gaeta, Formia, Itri e Sperlonga (p). Ad O del fondano, Terracina, S. Felice, Monte S. Biagio e Lenola sono a metafonesi sannita come la contigua area ciociara di Vallecorsa. Ancora più ad O, oltre il Circeo, la metafonia svanisce del tutto nei centri "nuovi" di Sabaudia, Pontinia, Latina ed Aprilia (p) dove vigono dunque condizioni romane. Il versante meridionale dei Lepini è però a metafonia sabina come i continui versanti romano e ciociaro.
Questa differenziazione sillabica per posizione può colpire anche le vocali semi-chiuse /é/, /ó/, ma qui gli esiti si accavallano e confondono con quelli dei cosiddetti frangimenti vocalici. Questo fenomeno consiste nell'alterazione delle vocali toniche tanto nell'apertura quanto nel timbro, dando luogo a svariati esiti, dittonghi, palatalizzazioni, ecc. Il risultato è quella 'babele' linguistica che spesso porta a ritenere assolutamente diversi i dialetti di centri vicini che magari, ad un'analisi più scientifica, presentano invece caratteristiche del tutto simili. Inoltre, questo tratto dialettale è spesso avvertito dagli stessi parlanti come 'arcaicizzante' e quindi sconveniente rispetto a parlate più regolari e perciò più 'moderne'. In alcuni centri, in cui pure si è manifestato in passato, è stato pertanto dapprima reso facoltativo, poi del tutto rimosso.
Nel Lazio, in particolare, l'isocronismo nelle sue varie forme è generalmente assente. Frangimenti vocali delle medio-alte in sillaba aperta sono però ancora vivi a Vallecorsa.
Nel Lazio sono presenti tutte le situazioni. All'estremità nord-orientale, in continuità con l'ascolano, Accumoli (p) - ma non le sue frazioni attrono a Roccasalli - presenta la /-ë/. Già da Roccasalli e poi Amatrice (AIS) comincia un'area sabina con vocalismo atono completo, che comprende tutta la restante provincia di Rieti con, ad esempio, Leonessa e Rieti stessa (AIS). Quest'area 'sabina' continua nella provincia romana con ad esempio Palombara (AIS) arrivando fino alle porte di Roma con Monterotondo, Mentana (con la sua ex frazione di Fonte Nuova), Guidonia, Tivoli, S. Gregorio (p) ma è interrotta verso l'Abruzzo da un'area che presenta le cosiddette "condizioni cervarole", così chiamate dal nome di Cervara, comune che ne fa parte. Qui la finale corrispondente ad /-u/ suona effettivamente /-u/ se la vocale tonica è chiusa o /a/, /-o/ altrimenti. L'area cervarola comprende: Riofreddo, Cineto, Mandela, Roccagiovine, Vicovaro, Sambuci, Saracinesco, Anticoli, Roviano, Arsoli, Marano, Agosta, Cervara, Camerata, Subiaco, Canterano, Pisoniano, Capranica, S. Vito, Bellegra, Arcinazzo (p), mentre i paesi a nord e ad ovest di quest'area continuano le condizioni a cinque vocali atone. La fascia immediatamente ad est e sud-est di Roma continua la zona 'sabina' con cinque vocali atone, con Zagarolo, Rocca Priora, Frascati, Marino, Rocca di Papa, Labico (p), ma anche Nemi (AIS), Genzano e Lanuvio (p).
A Roma stessa, e poi a sud e ad oriente dell'area 'sabina', si estende invece un'area con quattro vocali atone (cioè, conguaglio di /-u/ ad /-o/). Oltre al litorale romano, quest'area comprende l'albanese (Albano, Castel Gandolfo ed Ariccia, ma non Monteporziocatone dove si ha un curioso vocalismo a due gradi /-e/ e /-a/) (p), Velletri, Lariano, Artena, Valmontone con Colleferro, Palestrina, Genazzano, Olevano (p), tutta l'area romana dei Lepini (Segni, Gavignano, Montelanico, Gorga e Carpineto), nonché Affile, Jenne e Vallepietra a N (p). Questa area con quattro vocali atone continua naturalmente nelle confinanti provincie di Latina e Frosinone. Nella provincia di Latina comprende le città nuove pontine e le pendici meridionali dei Lepini arrivando fino al margine orientale della pianura pontina a Sonnino (AIS), con un'appendice ancora più ad est a Lenola (p). Nella provincia di Frosinone il vocalismo pieno interessa la zona di Anagni (p) con ad es. Serrone (AIS) e fino a Guarcino, Torre Cajetani, Sgurgola, Morolo, Supino e Patrica (p). Più ad oriente comincia una zona con la /ë/ che comprende Trevigliano, Fumone, Alatri (p) e continua verso oriente fino ai confini della provincia. Ma fra le due zone si incunea un'area con condizioni "miste" che N. Romano ha definito "di interscambio", caratterizzata da numerosi metaplasmi (canu, millu, bovu, fiumu, staggionu) che lasciano ipotizzare un preesistente vocalismo con /-ë/ poi ipercorretto in /-u/, o da vocali scolorite di difficile caratterizzazione che però non tendono chiaramente ad /ë/. Quest'area comprende Ferentino, Ceccano, Villa S. Stefano e Giuliano (p), mentre a Veroli (ma non nelle frazioni sudorientali) si ha una situazione a tre vocali atone (/-a/, /-ë/ e /-u/ od /-o/ chiusa).
Come anticipato, l'area 'alto-meridionale' con schwa e conservazione di /-a/ occupa quasi tutto il resto del Lazio, a partire da S. Felice e Terracina (p) sulla costa, poi Monte S. Biagio, Amaseno, Castro, Pofi, Arnara, Frosinone, Torrice, Boville, Monte S. Giovanni e Sora (p) dove si salda con la corrispondente area abruzzese. La zona di Gaeta, però, con Fondi, Sperlonga, Itri, Formia (p) e le isole indebolisce anche la /-a/, presentando una situazione "napoletana". Resta all'estremità sudorientale una nuova area con quattro vocali conservate che comprende Ausonia (AIS), Coreno, Spigno, Minturno, S. Cosma e Damiano, Castelforte, Vallemaio, S. Andrea, S. Apollinare (p) saldandosi con la zona campana di Sessa.
Oltre Tevere, le condizioni sabine a cinque vocali continuano per breve tratto nella zona del Monte Soratte con i dialetti di Fiano, Capena, Castelnuovo, Morlupo, Civitella, Porciano e S. Oreste, ma già a Riano, Sacrofano, Magliano e Rignano si ritrovano le condizioni romane con quattro vocali. Questa zona interessa tutto il nord-ovest della provincia romana e l'ovest di quella viterbese, fino ad essere interrotta dall'emergere di condizioni proprie di Viterbo e dintorni, con la /-i/ finale conguagliata ad /-e/ (es. le cavalle, le cristiane, quindi tre vocali atone). Il confine attuale corre da N a S e lascia alla zona romana Graffignano (con le frazioni di Viterbo Roccalvecce e Grotte), Bomarzo, Soriano, Canepina, Caprarola, Ronciglione, Capranica, Veiano (C&P), Oriolo, Manziana e Anguillara (p), mentre sono nella zona viterbese Civitella d'A., Castiglione in T., Lubriano, Celleno, Viterbo, Vetralla, Barbarano, Blera (C&P), Allumiere con Tolfa (p). In passato Civitavecchia e Cerveteri (AIS) andavano col viterbese, ma oggi presentano le stesse condizioni del romanesco. Bagnoregio capoluogo e Civita hanno quattro vocali, ma le altre frazioni tre (C&P). Verso ovest il vocalismo atono viterbese continua fino al confine regionale; in Toscana ritornano le quattro vocali come nella lingua nazionale, già a Capalbio, Pitigliano, Sorano, ecc.
Nel Lazio odierno, questa metafonesi sembra essere in via di scomparsa, ed è difficilmente registrata - almeno per i sostantivi - negli scritti dialettali contemporanei. Se ne hanno tracce evidenti solo in pochi paesi: oltre ai due citati, Settefrati, Casalvieri, Gallinaro, Campoli, Cervaro, Terelle, Viticuso, Pontecorvo e Vallecorsa (p). Da questi scarsi dati si può ipotizzare un aerale massimale che dunque comprende l'angolo nord-orientale della provincia di Frosinone e la riva destra del bacino Sacco-Liri, in continuità con le analoghe areaa abruzzesi e molisane.
Il reatino generalmente non conosce palatalizzazione, ed in questo si distingue dall'aquilano. Tuttavia, il fenomeno è presente in alcune aree a nord e a sud-est della provincia. Innanzitutto ad Amatrice (AIS), ma solo nel capoluogo e nelle frazioni orientali già in diocesi di Ascoli, non in quelle occidentali già in diocesi di Rieti (Scai ecc.), poi a Leonessa (AIS) e Rivodutri (p) così come nella confinante Polino in provincia di Terni. Inoltre nell'alto Cicolano a Borgorose e Pescorocchiano (p), ma non a Fiamignano e Petrella, e nell'area contigua al carseolano, con Ricetto e Collalto (p), ma non Turania, Paganico e Marcetelli (p).
La zona carseolana con palatalizzazione continua nella provincia romana (p) con Vivaro, Vallinfreda - ma non Percile - Riofreddo, Cineto e Mandela - ma non Roccagiovine - Arsoli, Roviano, Anticoli, Saracinesco, Sambuci - ma non Vicovaro -, Castel Madama e S. Gregorio - ma non Tivoli. La zona prenestina e quella dei Castelli sono in genere esenti da palatalizzazione, la quale da quel lato si arresta a Capranica, S. Vito e Olevano (p). Ma l'area interessata dal fenomeno continua nella provincia di Frosinone, che occupa interamente a partire da Serrone (AIS), Paliano, Anagni (p) ecc., oltre il Sacco nei Lepini romani (Carpineto, Gorga, Montelanico, Gavignano, Segni) e fino ad Artena e Valmontone dove si esaurisce (a Genazzano, Palestrina, Lariano e Velletri è assente), nonché nella provincia di Latina che occupa interamente, tranne Cisterna ed i centri di recente fondazione. L'unica particolarità è stata riscontrata a Veroli (AIS), dove la palatalizzazione interessa solo il nesso /lli/ ma non quello /llu/.
Il nesso latino /-lj-/ si è evoluto in italiano ed in molti dialetti nella laterale palatale /-gli-/: figlio da filiu(s), moglie da mulier ecc. L'Italia centrale, però, si oppone generalmente all'esito regolare e presenta il suono approssimante /jj/ o addirittura la sua forma scempia /j/ (fì(j)jë, mó(j)jë). Gli esiti particolari occlusivo palatale /gghj/ o retroflesso /ddj/ possono essere visti come casi particolare di questo, o sue varianti in posizione forte con raddoppiamento fonosintattico. L'esito palatale interessa solamente il Lazio meridionale, ad oriente di una linea irregolare difficile da tracciare in quanto i testi scritti spesso presentano la grafia /gli/ anche quando la pronuncia è chiaramente quella approssimante. Provvisoriamente la frontiera suddetta può essere marcata unendo i punti di Veroli, Ferentino (ma non Frosinone, Arnara, Pofi), Supino, Carpineto, Bassiano, Sezze, Priverno, Amaseno, Monte S. Biagio, Sperlonga e Gaeta (p); immediatamente a nord, ovest e sud di questa linea, centri come Alatri, Anagni, Segni, Montelanico, Cori, Sermoneta, Sonnino, Terracina e Fondi (p) sembrano presentare l'esito approssimante. Anche a confine con l'Abruzzo a Sora, Arpino, Alvito, l'esito è quello approssimante.
I punti in cui si trova l'esito occlusivo palatale sono Ischia, Farnese e Onano (p) al confine con la Toscana; Celleno, Graffignano, Vitorchiano e Fastello fr. Viterbo (p), in area viterbese; Faleria, Calcata e Morlupo (p) in area falisca; Tivoli, Marcellina e S. Polo (p) in area tiburtina; in parte anche Palombara e S. Oreste, segno forse che le aree attuali con predominanza di questo suono dovevano far parte in passato di un gruppo compatto più vasto.
Il nesso latino /-sj-/ presenta due esiti diversi: fricativa postalveolare semplice /sci/ (ca(s)cio 'formaggio' da caseu(m), fa(s)cioli 'fagioli') o fricativa alveolare sorda /s/ o sonora /z/ (caso, fasoli). In effetti questa isoglossa che taglia in due l'Italia centro-meridionale tra Tirreno e Adriatico passa dal Lazio. La forma meridionale in /s/ è presente sul versante occidentale dei Lepini a Sonnino, Roccasecca, Prossedi, Roccagorga, Sezze, Bassiano, Norma, fino ad Artena (p), ma a Valletri, Lariano e Valmontone si ha la forma in /(s)ci/, così come dal lato orientale dei Lepini a Segni e Sgurgola (p). Anagni con Trevi, Filettino e Guarcino sono al nord dell'isoglossa, mentre Torre Cajetani, Ferentino e Supino sono lasciate a sud. Il confine poi passa tra Frosinone, Pofi e Castro da un lato (/(s)ci/) e Ceccano, Amaseno, Vallecorsa e Lenola (/s/) dall'altro. La sezione centrale della valle del Sacco è pure 'meridionale', con S. Giovanni, Pontecorvo, Esperia, Roccasecca, Colfelice e fino ad Arpino. A O, N ed E di quest'area, Falvaterra, Ceprano, Sora, Pescosolido, Casalvieri, S. Donato, Terelle e S. Vittore (presumibilmente pure Cassino) continuano invece le condizioni abruzzesi e molisane con /(s)ci/. Infine, /s/ è la norma nel settore meridionale con Coreno, Ausonia ecc. In piena area 'mediana' con /(s)ci/ si presentano sorprendentemente due isole linguistiche con la fricativa alveolare sonora /z/ (fazoli). La prima è centrata intorno a Subiaco ed include Arcinazzo, Pisoniano, Gerano, Rocca Canterano, Ciciliano, Castel Madama, Sambuci, Saracinisco, Anticoli, Arsoli, Roviano, Cineto, Percile e Vivaro (p), ma non Vicovaro, Tivoli, S. Casape, Olveano (p), Serrone (AIS) ecc. La seconda isola comprende Palombara (AIS, p) e S. Angelo (p), ma non Guidonia, S. Polo, Marcellina, Mentana, Monterotondo, Moricone ecc.
L'apocope (caduta finale) della sillaba /-ne/ produce forme del tipo pà, bè 'pane', 'bene' (un secondo tipo, marchigiano e teramano interessa anche la finale /-no/). Si tratta di un fenomeno comune alla Sabina e all'aquilano, ma ha propaggini fino in Ciociaria e nei Castelli, almeno limitatamente a qualche parola cristallizzata. A nord non sembra presente ad Amatrice ed Accumoli. Verso sud i punti estremi in cui si riscontra sono Albano, Lanuvio, Nemi - ma non Velletri e Lariano - Valmontone, Artena, Norma, Bassiano, Priverno, Maenza - ma non Sonnino e Prossedi - Carpineto, Sgurgola - ma non Morolo, Supino e Patrica - Torre Cajetani e Trevi. Oltre Tevere, il fenomeno interessa l'area cimino-falisca, da Civitacastellana, Faleria e Mazzano fino a Fabrica, Carbognano, Caprarola, Caprarica e Bassano (p).
La caduta di /-v-/ in posizione intervocalica (anche in frase) è un fenomeno tipico della Sabina. Si manifesta però senza regolarità e con frequenza sempre minore man mano che si procede verso Roma. Se ne hanno tracce, ad esempio, negli inperfetti in /-ea/ fino a Frascati, Nemi, Velletri, Cori, Norma, Montelanico, Artena, Palestrina, Genazzano, Paliano, Piglio, Trevi. Questa caduta di /-v-/ si accompagna spesso alla lenizione e scomparsa anche di /-d-/ intervocalica (péi per 'piedi'). Nel Basso Lazio è invece caratteristico l'esito labiale /-w-/, anch'esso però con aerale guizzante. Lo si ritrova a Sora, da cui tràcima anche nella abruzzese Val Roveto, Alatri, Torre Cajetani, Fumone, Frosinone, Pastena, Prossedi, Villa S. Stefano, Boville, Ceprano, Campoli, Vicalvi, Casalvieri, Casalattico, Gallinaro, Belmonte, ma non necessariamente nei comuni tra questi compresi. Al di fuori di quest'area sembra interessare anche Sezze, Bassiano, Carpineto, Valmontone, Olevano. In virtù del suo aerale guizzante, non si riporta la carta di diffusione di tale fenomeno.
Come già accennato, la tendenza al dileguo della /-d-/ intervocalica accompagna spesso l'analogo esito della /-v-/. Nell'estremo sud della regione, l'esito è invece rotacizzato, per cui si ha, ad esempio a Cassino (Fr) rientë 'denti'. L'area di diffusione di questo fenomeno comprende tutto il cassinate, con S. Elia, Cervaro, S. Vittore, Viticuso, Pignataro, S. Apollinare e Coreno (p), ma si estende ormai anche a Atina, S. Donato (nonostante fosse sconosciuto ai tempi dell'AIS), Arpino (p). A sud di quest'area, la diffusione del rotacismo è sbarrata dall'altrettanto tipico fenomeno di assordimento, per cui si ha tico 'dico' ad Ausonia, Spigno e S. Cosma e Damiano (p). Il rotacismo ricompare a Gaeta, Formia, Itri (p) ma non Sperlonga, ed anche ad Arpino, Fontechiari, Atina e Vallecorsa.
Lo scempiamento di /-rr-/ è un tratto caratteristico del Lazio centrale (per cui si ha, ad es., a Roma, tera 'terra', core 'correre'). Verso ovest giunge a Tivoli, Castelmadama, Vicovaro, Mandela, Sambuci, ma si arresta nella valle dell'Aniene. Ricompare a Subiaco, Affile, Arcinazzo, Roiate, Olevano, e prosegue nella Ciociaria fino ad Alatri - ma non Veroli -, Frosinone, Supino - ma non pastena -, priverno e Sonnino - ma non Prossedi ed Amaseno -, Terracina - ma non Monte S. Biagio-. Verso nord il fenomeno passa il Tevere e si incunea tra gli agri sutrese e falisco a Cesano, Campagnano, Nepi (p) e più a nord a Canepina, Vallerano, Vignanello, Bassano, Gallese e, in parte, Vasanello e Chia (C&P). Nel reatino, il fenomeno è presente nel capoluogo (ma, sembrerebbe, non immediatamente a sud), a Cittaducale, Cantalice e Leonessa.
La sonorizzazione delle consonanti dopo /n/, /m/ ed anche di /s/ dopo /r/, come in fóndë 'fonte', càmbë 'campo', órzë 'orso', ecc è comune in buona parte della regione. Ma questo tratto è assente nel romanesco, in alcuni dialetti dei Castelli più prossimi alla capitale, e cioè Castel Gandolfo, Ariccia, Albano, Genzano e forse Lanuvio (DG), e oltre Tevere, tranne che nella zona cimino-falisca prossima all'Umbria, e cioè a Orte, Chia, Vasanello, Corchiano, Canepina, Civitacastellana ecc. (C&P).
Quanto all'altro fenomano centro-meridionale dell'assimilazione progressiva di /mb/, /nd/ in /mm/, /nn/, come in sammuchë 'sambuco', mónnë 'mondo', interessa tutta la regione, ed anzi si estende per breve tratto a nord di essa in Toscana, interessando i dialetti di Pitigliano, Sorano, Castellazzara (in regresso) e Arcidosso in provincia di Grosseto, Piancastagnaio e Abbadia S. Salvatore in quella di Siena.
Un tratto toscano che sconfina in Lazio è invece l'anafonesi 'fiorentina', passata anche nell'italiano, cioè l'innalzamento di /é/, /ó/ ad /i/, /u/ davanti a consonante liquida o nasale (ad esempio lingua per léngua). Questo tratto sta generalmente conquistando terreno nella regione: è caratteristica nel romanesco (cioè nei dialetti costieri da Civitavecchia a Latina) e sembra presente o prevalente in un'appendice nepetino-falisco-tiberina lungo la Flaminia con Campagnano, Nepi, Civitacastellana, Orte e forse anche Fabrica (C&P, p); nella zona più a ridosso della Toscana a Farnese, Ischia e forse Piansano, a Tuscania e Tarquinia, nonché a contatto con l'orvietano ad Acquapendente e, in progresso, a Bolsena, Lubriano e Bagnoregio (C&P). Sembra ancora minoritaria o assente a Cellere, Tolfa, Blera, Monteromano, Viterbo, Marta, Capodimonte, Valentano, Onano (C&P, p). Ai fini classificatori, si considerano qui come non-anafonetiche le varietà in cui permangono cospicui relitti non anafonetici, eventualmente accanto a termini anafonetici adottati per influsso dell'italiano, se non del fiorentino.
Infine, fenomeni comuni a tutti i dialetti laziali e centro-meridionali sono la conservazione di /j/ anche in nesso, l'assimilazione la resa /-r-/ del nesso latino /-rj-/ in opposizione alla Toscana dove si ha /-j/ (che però penetra le frazioni più settentrionali di Acquapendente), la molteplicità degli esiti del nesso latino /l/ + consonante, in genere compresenti nelle stesse varietà.