Antonio Sciarretta's Toponymy |
Nucleo della fonetica di un dialetto é il sistema vocalico, ossia lo schema secondo il quale le vocali "toniche", cioè sulle quali cade l'accento, del latino evolvettero verso le corrispondenti del dialetto. Il sistema vocalico più diffuso del mondo neolatino, proprio della penisola Iberica, della Francia, nonchè di gran parte dell'Italia (ad esclusione di parte della Calabria e della Basilicata, della Sicilia e della Sardegna) è il cosiddetto sistema romanzo comune, che prevede la sostituzione della distinzione fra vocali brevi e lunghe, propria del latino classico, con la distinzione fra vocali chiuse ed aperte. Lo schema che rappresenta questo sistema é il seguente, illustrato con degli esempi tratti dalla lingua italiana:
i lunga | > i | spinu(m) | spino |
i breve | > é | nive(m) | néve |
e lunga | > é | tela(m) | téla |
e breve | > è | dente(m) | dènte |
o breve | > ò | core(m) | c(u)òre |
o lunga | > ó | sole(m) | sóle |
u breve | > ó | cruce(m) | cróce |
u lunga | > u | muru(m) | muro |
a | > a | pane(m) | pane |
In Basilicata esistono altri tre sistemi vocalici tonici. Il sistema di tipo "sardo" mantiene i gradi di apertura del latino, conguagliando le vocali lunghe e brevi. Lo schema è il seguente:
i lunga | > i | spinu(m) | spino |
i breve | > i | nive(m) | nive |
e lunga | > e | tela(m) | tela |
e breve | > e | dente(m) | dente |
o breve | > o | core(m) | core |
o lunga | > o | sole(m) | sole |
u breve | > u | cruce(m) | cruce |
u lunga | > u | muru(m) | muro |
a | > a | pane(m) | pane |
Questo sistema è diffuso nell'area meridionale della regione, chiamata tradizionalmente "Mittelzone" (e Zwischenzone). Secondo i recenti dati dell'ALBa, questa zona comprende Aliano (ma non Alianello), Tursi, Rotondella, Nova Siri, Valsinni, Senise, Colobraro, S. Giorgio, Noepoli, Cersosimo, Terranova, Francavilla, Fardella, Teana, Calvera, S. Chirico Raparo, Carbone, S. Severino, Episcopia, Rotonda, Viggianello, Castelluccio inf., Castelluccio sup., più Lauria (classificata come "Zwischenzone" o zona intermedia, v. sotto).
Nel sistema "siciliano" le vocali /i/ breve e lunga, /e/ lunga latine confluiscono nella vocale /i/; parallelamente, /u/ breve e lunga, /o/ lunga latine confluiscono nella vocale /u/. Lo schema è dunque il seguente:
i lunga | > i | spinu(m) | spino |
i breve | > i | nive(m) | nive |
e lunga | > i | tela(m) | tila |
e breve | > è | dente(m) | dènte |
o breve | > ò | core(m) | c(u)òre |
o lunga | > u | sole(m) | sule |
u breve | > u | cruce(m) | cruce |
u lunga | > u | muru(m) | muro |
a | > a | pane(m) | pane |
Sempre secondo i dati dell'ALBa, questo sistema è diffuso a Viggiano. I dialetti di Lauria e Maratea ("Zwischenzone") hanno un misto di vocalismi sardo e siciliano: la /e/ lunga confluisce ad /i/ (misi, sira), ma la /o/ lunga diventa /ò/ come la /o/ breve originaria (nipòti, fròndi). Contrariamente a quanto riportato dalle pubblicazioni dell'ALBa, anche Rotonda, Viggianello e forse Castelluccio (cioè la valle del Mercure) sembrano appartenere a questa Zwischenzone.
Infine, un misto tra vocalismo sardo e vocalismo romanzo comune interessa un'ampia fascia di dialetti centrali. In questa zona ("Vorposten") la /u/ breve latina confluisce con la /u/ lunga in /u/, come nel vocalismo sardo, ma ciò non accade per la /i/ breve, che diventa /é/ come nel vocalismo romanzo comune. Si tratta delle stesse condizioni che appaiono in rumeno. Lo schema è il seguente:
i lunga | > i | spinu(m) | spino |
i breve | > é | nive(m) | néve |
e lunga | > é | tela(m) | téla |
e breve | > è | dente(m) | dènte |
o breve | > ò | core(m) | c(u)òre |
o lunga | > ó | sole(m) | sóle |
u breve | > u | cruce(m) | cruce |
u lunga | > u | muru(m) | muro |
a | > a | pane(m) | pane |
Secondo i recenti dati dell'ALBa, questo sistema è la regola nei dialetti di Alianello, Gallicchio, Missanello, Armento, S. Arcangelo, Roccanova, Laurenzana, Anzi, Trivigno, Brindisi, Albano, Campomaggiore, Pietrapertosa, Castelmezzano, con tracce in altri.
La metafonesi é tipica dell'Italia centro-meridionale, che include le Marche fino alla provincia di Macerata, l'Umbria al di quà del Tevere con Spoleto, Foligno, Terni, e la Sabina fino alle porte di Roma, mentre nel toscano, così come nell'italiano standard, non esiste. Gli esiti delle vocali alterate sono però diversi a seconda della zona.
La /é/ e la /ó/ passano normalmente a /i/ e, rispettivamente, /u/. Facendo qualche esempio tratto dalla parlata di Ortona (Ch), si ha così:
/é/ > /ì/ | nìrë 'neri', ma nérë 'nero' |
/ó/ > /ù/ | gëlùsë 'gelosi', ma gëlósë 'geloso' |
Le vocali aperte /è/, /ò/ possono invece avere due esiti differenti. Il primo tipo di metafonesi, detto sabino perchè tipico, tra le altre zone, della Sabina, prevede la chiusura di dette vocali a /é/, /ó/. Così, all'Aquila si ha:
/è/ > /é/ | bégliu 'bello', ma bèlla 'bella' |
/ò/ > /ó/ | bónu 'buono', ma bòna 'buona' |
L'altro tipo di metafonesi è quello sannita, tipico di larga parte dell'Italia centro-meridionale. Essa prevede la dittongazione, generalmente con esito /ié/, /uó/. Nel dialetto napoletano si ha, ad esempio:
/è/ > /ié/ | viécchjë 'vecchio', ma vècchja 'vecchia' |
/ò/ > /uó/ | nuóvë 'nuovo', ma nòva 'nuova' |
Molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e così l'esito metafonetico diventa un monottongo, /ì/, /ù/. Ad esempio a Termoli (Cb): vìcchjë 'vecchio', nùvë 'nuovo'.
La situazione in Basilicata è disomogenea. Si possono infatti individuare aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sabino, aree nelle quali è presente metafonesi da /-u/ e da /-i/ di tipo sannita, dittongata o monotongata, ed aree miste.
La metafonesi sannita monottongata interessa generalmente il quarto nord-occidentale della regione, a contatto con l'area pugliese, comprendente i centri di (ALBa) Melfi, Rapolla, Venosa, Forenza, Acerenza, Cancellara, Tolve, Albano, Campomaggiore, Castelmezzano, Anzi, Accettura, Cirigliano, Stigliano, S. Mauro, Salandra, Grassano, Irsina, Matera e tra questi compresi - tranne Oppido.
A sud-est di quest'area la metafonesi è dittongata, come nella confinante Campania, a partire dai centri (ALBa) di Rionero, Ripacandida, Filiano e Avigliano, Ruoti, Baragiano, Balviano, Vietri, Savoia, Satriano, Abriola, Brindisi, Trivigno, Calvello, Laurenzana, Pietrapertosa, Gorgoglione, Guardia, Missanello, Roccanova, S. Arcangelo, Senise, S. Giorgio, ecc. Fanno eccezione Vigliano, Lauria, Castelluccio inf. e sup. (metafonia monottongata), nonché Castelsaraceno e Aliano che presentano sorprendentemente metafonia sabina. Inoltre, in alcune aree la metafonia interessa solo le medio-alte, con le medio-basse eventualmente con dittongamento spontaneo: si tratta dei centri di origine gallo-italica Pietragalla, Vaglio (ma qui si hanno tracce di metafonia monottongata), Potenza, Pignola (con Tintiera e Arioso fr. di Abriola), Picerno (con Perolla fr. di Savoia) e Tito (con Castellaro fr. di Savoia).
Complice il vocalismo tonico (v. sopra), a Maratea e Rotonda la metafonesi è completamente assente, così come, nella "colonia" marchigiana di Monticchio fr. di Rionero e, nell'angolo sud-orientale della regione, a Tursi e Policoro, Colobraro, Valsinni, Rotondella e Nova Siri. A nord di quest'ultima area i comuni di Montalbano con Scanzano, Craco, Pisticci, Ferrandina, Pomarico, Bernalda, Montescaglioso, Miglionico e Grottole presentano metafonesi di tipo dittongato.
Questa differenziazione vocalica per posizione (DVP) può colpire anche le vocali semi-chiuse /é/, /ó/, ma qui gli esiti si accavallano e confondono con quelli dei cosiddetti frangimenti vocalici. Questo fenomeno consiste nell'alterazione delle vocali toniche tanto nell'apertura quanto nel timbro, dando luogo a svariati esiti, dittonghi, palatalizzazioni, ecc. Il risultato è quella 'babele' linguistica che spesso porta a ritenere assolutamente diversi i dialetti di centri vicini che magari, ad un'analisi più scientifica, presentano invece caratteristiche del tutto simili. Inoltre, questo tratto dialettale è spesso avvertito dagli stessi parlanti come 'arcaicizzante' e quindi sconveniente rispetto a parlate più regolari e perciò più 'moderne'. In alcuni centri, in cui pure si è manifestato in passato, è stato pertanto dapprima reso facoltativo, poi del tutto rimosso.
La Basilicata è divisa grosso modo in due riguardo alla DVP, con l'area occidentale e quella metapontina, in cui è assente, che contrastano con l'area orientale. In co-presenza col vocalismo tonico romanzo comune la DVP caratterizza dunque Ripacandida (AIS, Vivaldi), Lavello, Melfi, Atella, S. Fele, Rapone, Muro, Acerenza, Cancellara ecc. (p) ma non Pescopagano, Castelgrande, Bella, Avigliano ecc. (p). Tra le parlate di origine gallo-italica Vaglio presenta ormai DVP, mentre Pietragalla, Potena, Picerno, Tito e Pignola no. Il "Vorposten" sembra uniformemente caratterizzato da presenza di DVP, almeno a Brindisi, Castelmezzano e Pietrapertosa (p), mentre la fascia occidentale con Balviano, Vietri, Calvello e Marsico N. (p) no. Il confine poi lascia ad est Corleto, Montemurro e Spinoso (p, NUNP), ad ovest Viggiano, Grumento, Sarconi e Moliterno (NUNP).
Il resto della zona meridionale generalmente non conosce DVP, anche per effetto del particolare vocalismo tonico. Una forma blanda di DVP, che differenzia solo la /à/ tonica in funzione della sillaba, palatalizzandola in /è/ in sillaba libera e mantenendola inalterata in sillaba chiusa, interessa centri come Castronuovo, Roccanova, Senise, Chiaromonte, Francavilla, Noepoli e S. Giorgio (p) ma non, ad es. S. Arcangelo, Aliano e Alianello, S. Chirico R., Viggianello, ecc.
La seconda zona senza DVP è il metapontino, che esclude Matera fortemente isocronica e caratterizzata da numerosi frangimenti, ma comprende Grottole, Pisticci ecc. (p). Questi centri vengono tradizionalmente descritti come aventi un vocalismo tonico "marginale" diverso da quello romanzo comune, in cui le medio-alte e le medio-basse convergono su un'apertura alta (pèdë, dèndë, sèrë, stèllë). Ma in realtà queste condizioni, non diversamente da quelle, ad es., del teramano, possono spiegarsi come frangimenti incondizionati. La DVP ricompare a Irsina, Grottole, Salandra, Stigliano, Tursi e Rotondella (p).
La maggior parte della Basilicata presenta il conguaglio di tutte le vocali atone finali a /-ë/, ma non mancano casi con due o anche quattro vocali, chiaramente identificati dai recenti dati ALBa. I centri di origine gallo-italica tendono a conservare la /-a/ finale, che è chiaramente percepita a Potenza, Picerno, oltre a Avigliano con Filiano e Balvano, ma non a Pignola e Pietragalla. Tito presenta addirittura un sistema a quattro vocali. A Cancellara i due esiti /-ë/ e /-a/ sembrano convivere. Stessa situazione nella fascia occidentale con Vietri, Savoia, Satriano, Brienza, Marsico N., Marsico V., Paterno e Tramutola, che prefigura una seconda area con /-a/ chiaramente conservata che comprende Viggiano, Montemurro e, di nuovo parzialmente, S. Martino. Al di là di Grumento, Spinoso e S. Chirico R. che conoscono solo /-ë/ si estende un'area con tre vocali (/-u/, /-a/ e /-ë/) che include Moliterno, Sarconi, Casalsaraceno, Lagonegro, Trecchina, Maratea e Rotonda. A Lauria, Viggianello e Latronico le vocali sono addirittura quattro, con distinzione di /-i/ da /-ë/. Invece la /-a/ è in competizione con /-ë/ a Rivello e Nemoli, già colonie gallo-italiche, mentre a Castelluccio inf. e sup. resta solo la /-ë/.
L'area lucana con alterazione di /-ll-/ in /-dd-/ (o eventualmente retroflessa, spesso notata /-ddr-/) davanti a qualsiasi vocale occupa la quasi totalità della regione, dal confine pugliese a quello calabrese. Nei centri di origine gallo-italica di Potenza, Pietragalla, Vaglio, Pignola e Tito (non Picerno), si ha l'esito particolare di /-lli/ in /-gli/ (caveglië 'capelli'). Fanno ancora eccezione quattro centri settentrionali in cui l'esito è /gghj/, cioè Palazzo S. Gervasio, Ripacandida, Bella e Muro (p), e un'area meridionale che conserva /-ll-/. Questa comprende Cirigliano, Gorgoglione, Guardia, Armento, Gallicchio, Missanello, Aliano e Alianello, S. Chirico R., Roccanova, S. Arcangelo, Castronuovo, Chiaromonte, Teana, Fardella, Francavilla, Terranova, Cersosimo, Noepoli, S. Giorgio, Valsinni, Colobraro, Tursi (p), ma non Rotondella, Novasiri, Senise, S. Martino ecc.
L'apocope (caduta finale) delle sillabe /-ne/, /-no/ produce forme del tipo pà, vì 'pane', 'vino'. Si tratta di un fenomeno tipico marchigiano, presente già ad Ancona e diffuso fino alla periferia settentrionale abruzzese. Più a sud in area sabina interessa la sola sillaba /-ne/.
Il fenomeno generalmente scompare nelle aree più orientali e meridionali, ma riappare in Basilicata in alcuni centri di origine gallo-italica, limitatamente alla sillaba /-ne/. I dati recenti dell'ALBa individuano questi centri in Pignola, Tito, Picerno, nonché Baragiano.
Il nesso latino /-lj-/ si è evoluto in italiano ed in molti dialetti nella laterale palatale /-gli-/: figlio da filiu(s), moglie da mulier ecc., mentre l'Italia centrale presenta generalmente il suono approssimante /jj/ o addirittura la sua forma scempia /j/ (fì(j)jë, mó(j)jë). L'esito particolare retroflesso /gghj/ o /ddi/ che invece predomina nell'Italia sud-orientale può essere visto come un caso particolare di questo, o una sua variante in posizione forte con raddoppiamento fonosintattico.
In Basilicata si contrappongono due aree compatte con i due esiti: /gli/ ad ovest, /gghj/ ad est. L'isoglossa lascia ad est Irsina, Tricarico, Albano, Accettura, Stigliano, Tursi, S. Arcangelo, Roccanova, Senise, Noepoli; ad ovest Terranova, Chiaromonte, Castronuovo, S. Chirico R., S. Martino, Aliano, Cirigliano, Gorgoglione, Pietrapertosa, Castelmezzano, S. Chirico N., Tolve e Genzano (p).
Un esito con epicentro campano (napoletano o casertano) è la rotacizzazione, cioè il passaggio ad /r/, della /d/ iniziale ed intervocalica. Questo fenomeno si estende verso est fino ad intaccare parti di Puglia e Basilicata.
In questa regione, i dati dell'ALBa permettono di identificare la presenza di rotacismo in una vasta area centro-occidentale comprendendo i centri di Venosa, Rionero, Ripacandida, Atella, Forenza, Rapone, Ruvo, Pescopagano, Filiano, Castelgrande, Bella, Muro, Irsina, Avigliano, Cancellara, Ruoti, Tolve, S. Chirico N., Vaglio, Balviano, Picerno, Potenza, Tricarico, Brindisi, Vietri, Savoia, S. Angelo, Satriano, Abriola, Sasso, Brienza, Calvello, laurenzana, Marsico N., Cirigliano, Paterno, Marsicovetere, Guardia, Viggiano, Tramutola, Armento, Montemurro, Grumento, Spinoso, Sarconi, Moliterno, S. Chirico R., Castelsaraceno, Lagonegro. In quest'area, Baragiano e S. Martino costituiscono isole senza rotacismo. Una seconda area comprende Montalbano, Scanzano, Tursi, Policoro, Rotondella e Senise. Da notare che nelle aree senza rotacismo la /-d/ può tendere alla lenizione o, talvolta, alla scomparsa, specialmente nelle zone più meridionali.
Il passaggio del nesso latino /kj/ a /ts/ invece che a /ci/ (vràzzë 'braccio', fàzzë 'faccio') caratterizza l'estremo sud della Penisola, a sud ed est di una linea che i linguisti definiscono Salerno-Lucera. Una linea prossima separa gli esiti del nesso /ndj/ o /ngj/: a nord /gn/ (strégnë 'stringere', cagnà 'cambiare'), a sud /ng/ (strengë, cangià). Un'isoglossa leggermente più meridionale è quella che segna il passaggio di /j/ a /sci/ (scì 'andare').
In Basilicata i primi due passaggi sono generalmente diffusi in tutto il territorio, tranne in alcuni centri di origine gallo-italica ed in altri centri ad essi contigui. I dati ALBa mostrano che il nesso /gn/ (invece di /ng/) caratterizza i centri di S. Fele, Bella, Baragiano, Avigliano e Filiano (e forse Ruoti), Trivigno e Grumento, oltre a Picerno, Tito, Pignola, Potenza, Pietragalla, Vaglio, Rivello, Nemoli e Trecchina. La conservazione del nesso /ci/ (invece di /zz/) sembra interessare solo Potenza, Picerno, Tito e Pietragalla.
Il terzo passaggio, di /j/ in /sci/ è meno onnipresente, e riguarda generalmente i settori nord e orientale. Al centro e al sud prevale la conservazione di /j/ (jinnarë 'gennaio', junucchjë 'ginocchio'). I dati ALBa danno la diffusione esatta di questi due esiti. Conservano /j/ i centri di Castelgrande (isolato), Balviano, Vietri, Savoia, S. Angelo, Brienza ad ovest, Abriola, Calvello, Anzi, Laurenzana, Brindisi, Trivigno, Castelmaggiore al centro, Aliano, Tursi e Policoro, Rotondella, Novasiri, Colobraro, Valsinni, Senise, Noepoli e S. Giorgio, Cersosimo, Terranova, Francavilla, Chiaromonte, S. Severino, teana, Fardella, Calvera, Roccanova, Castronuovo, S. Chirico R., Carbone, Episcopia, Viggianello, Rotonda, Castelluccio sup. e inf., Latronico, Castelsaraceno, Lauria, Lagonegro, Rivello, Nemoli, Trecchina e Maratea.
Fanno eccezione ancora i centri di origine gallo-italica del nord-ovest che prenentano /gi/ in luogo di /j/: Albano, Potenza, Pietragalla, Vaglio, Pignola, Tito e Picerno.
Distribuzione simile attorno alla Salerno-Lucera possiede l'esito del nesso latino /sj/, il quale si conserva come /(s)ci/ a nord (cascë, fasciulë), mentre passa a /s/ (casë, fasulë) a sud.
La Basilicata ricade quasi interamente a sud dell'isoglossa. Fanno eccezione, presentando l'esito centro-settentrionale /sj/ i centri di origine gallo-italica Picerno, Pignola, Potenza, Tito e Trecchina (e presumibilmente Pietragalla), nonché parzialmente Albano (ma non Vaglio).
Un tipico tratto settentrionale è invece la sonorizzazione intervocalica (dopo tonica) delle occlusive sorde /k/, /p/ e /t/. Il fenomeno non interessa generalmente la Basilicata, tranne che nei centri di origine gallo-italica: è vitale a Potenza, Tito, Pignola, Picerno, Pietragalla e Vaglio, ne permangono tracce a Albano e Trecchina (p).
Infine, fenomeni comuni a tutti i dialetti pugliesi sono l'assimilazione progressiva di /mb/, /nd/ in /mm/, /nn/, come in sammuchë 'sambuco', mónnë 'mondo', la sonorizzazione delle consonanti dopo /n/, /m/, come in fóndë 'fonte', càmbë 'campo', la resa /-r-/ del nesso latino /-rj-/, la molteplicità degli esiti del nesso latino /l/ + consonante, in genere compresenti nelle stesse varietà.