Palombaro (e Feudo d'Ugni)

Appunti sul paese

Palombaro è uno dei centri della montagna chietina e confina con Pennapiedimonte, Guardiagrele, Casoli, Civitella Messer Raimondo e Fara San Martino. Sembra attestato per la prima volta nel Catalogus Baronum, ma forse è già incastello nell'a. 1044 ca. (donazione di Credindeo conte di Chieti al monastero di S. Martino in Valle trascritta in una bolla papale del XIII sec.). E' successivamente feudo dei de Letto, d'Ugno, Cotugno (-1720) e Castiglione (1720-1806).

Nel 1811 Palombaro acquisisce una porzione dell'ex-feudo di Ugni. Questo era un castello medievale (attestato già nel IX sec.) sito su un pianoro a q. 704 nell'attuale comune di Pennapiedimonte, a confine con Palombaro. Se l'identificazione è corretta, riemerge nel 1561 col nome di Villa nova in Feudo de Ugno, con 1 solo fuoco. Nel 1648 è numerata come Villa d'Ugno, ancora con 1 fuoco, per essere poi definitivamente disabitata nel 1669.

Il patrimonio religioso comprende la parrocchiale di S. Salvatore (XVII sec.), le chiese di S. Maria della Serra (XVI sec.) e di S. Rocco (XVII sec.). Antiche chiese sono quelle di S. Flaviano sotto il paese e quella rurale, diruta, di S. Angelo che ha dato il nome al F.so S. Angelo, tributario del F. Aventino. Nel feudo di Ugni vi era la chiesa di S. Agata nella Grotta S. Angelo.

Appunti sul territorio

In questa pagina si tratta del comune di Palombaro, nonchè dell'ex-feudo d'Ugni, ora diviso con Pennapiedimonte, e questo poiché tutti i toponimi riguardanti quest'ultimo territorio sono stati raccolti in Palombaro. La zona in questione comprende il bacino della valle di Palombaro (la vallë), tributario del torrente Avella e quindi, attraverso il fiume Aventino, del Sangro.

Mentre verso Sud (Fara) il confine naturale è molto ben seguito da quello amministrativo, verso Nord l'estensione del feudo d'Ugni supera la linea di spartiacque per andare a comprendere una porzione del versante destro della valle di Pennapiedimonte. I confini dell'area esaminata verso la collina sono stati fissati in corrispondenza del sentiero pedemontano che dal Ponte Avella conduce alla bocca della valle di Palombaro, e da questa alla località Capo le Macchie di Fara. Si tratta del sentiero proposto a suo tempo come tratto del Sentiero Italia, che si snoda dai 475 m di Ponte Avella ai 750 m nei pressi di Capo le Macchie.

Il territorio in esame è delimitato verso Sud da un lungo crinale che trae origine dal nodo orografico dell'acquavivë (vedi Fara). Su tale crinale svettano tre cime: la cìmë dë lu furcónë (2259 m), interamente coperta di pino mugo, la cìmë dë lu crapàrë (2240 m) e la cìmë maciarinèllë (2017 m). Queste ultime due saranno descritte nella pagina dedicata a Fara. Dalla cìmë dë lu furcónë si stacca un'altra cresta, che funge da spartiacque tra le valli di Palombaro e Pennapiedimonte, e sulla quale si eleva il còllë ciuminìërë (2075 m), anch'esso rivestito quasi interamente dalla mugheta.

Una presenza rilevante nel territorio è la gròttë sand'àngëlë, un eremo a q. 750 ca., di fronte alla frazione Confini, accessibile attraverso una strada che si dirama da quella che, da Confini stessa o da Cantagufo, raggiunge la bocca della valle. In tale località quest'ultima strada si trasforma in una sterrata che attraversa, con lunghissimo percorso e molti tornanti, il bosco del feudo d'Ugni, per uscire allo scoperto in prossimità del primo rifugio del Corpo Forestale, a q. 1870 ca.

Seguendo tale percorso è possibile accedere, previa autorizzazione, all'interssantissima gròtta nérë, ricca di concrezioni, che si trova poco distante dalla strada. Più in alto vi è un secondo rifugio, nella zona dello jàccë dë lu martellésë, a q. 2040 ca.

Per la descrizione dei toponimi, si farà riferimento ai seguenti sentieri, tratti dall'ultima cartografia del Club Alpino Italiano (CAI) prima dell'istituzione del Parco Nazionale della Majella e del Corpo Forestale dello Stato (CFS): la strada forestale del Monte d'Ugni (numero U3 del CFS, numero 6 del CAI), il sentiero di Fosso la Valle (numero P1 del CFS, numero 6A del CAI).

Si segnala, infine, la presenza del toponimo Valle dugni nelle carte storiche consultate (1620, 1645, 1692, M. d'Ugno 1793) insieme a M. Palommano (1783, 1854).

La toponomastica

La valle di Palombaro

1. La vàllë di Palombaro sbocca dalle montagne nella località detta pianèttë lu vàvëzë pròvëlë, dominata da torrioni rocciosi. E' il punto più alto raggiungibile in automobile, inizio del sentiero P1/6A. Il nome è composto da un diminutivo di piana e una specificazione che a sua volta è un composto di balzo con la variante metatetica locale di 'polvere'.

2. All'inizio del sentiero di Fosso la Valle si incontra la località conosciuta dai locali come trùocchë dë rìënzë. Il toponimo allude evidentemente alla pastorizia, richiamando l'appellativo trocco, specificato da un nome personale 'Renzo'.

3. Un punto in cui la valle si allarga, non lontano dall'imbocco del sentiero di Fosso la Valle, è chiamato l'àrë mèzzavallë. Si tratta evidentemente di un'ara, il cui nome fa allusione alla situazione a mezza valle.

4. Continuando la salita lungo il sentiero di Fosso la Valle, dopo l'Ara Mezza Valle si incontra la gròttë dë lu còndë. Il nome della grotta richiama un 'conte': non so dire se si tratta di un antico proprietario dei luoghi (ma né Palombaro né Ugni ebbero titolo di Contea), o piuttosto di un soprannome locale.

5. Un punto di riferimento lungo la salita della 'valle' è la fundanèllë, una sorgente che si trova a 1145 m ca. Il nome è un chiaro diminutivo di fontana.

6. Dopo la Fontanella, la valle si restringe fortemente, in coincidenza dell'attuale confine comunale tra Palombaro e Pennapiedimonte (che taglia in due l'antico tenimento di Ugni). Questa località è detta lu strèttë, con un chiaro aggettivo sostantivato stretto. Forse da queste parti parte il sentiero della trazzìërë, che risale il versante sinistro della valle fino a ricongiungersi alla Piana Casa. Il nome di questo sentiero non è altro che una variante locale di trazzera.

7. Dopo lo Stretto, chi sale lungo il sentiero di Fosso la Valle trova la gròtta ciammaìchë. Questa seconda grotta prende il nome da quello dialettale della 'lumaca'.

8. Il punto più ripido della salita lungo il sentiero di Fosso la Valle si trova abbondantemente dopo lo Stretto, nella zona chiamata la ravajósë dai locali. Si tratta di una zona brecciosa, il che spiega il toponimo che è un derivato di grava. Sulle carte IGM il toponimo Ravagliosi è erroneamente attribuito al versante sinistro della valle.

9. A monte della Gravagliosa il sentiero di Fosso la Valle si fa meno ripido e ormai in vista del crinale sommitale, che raggiunge in corrispondenza dello Iaccio del Martellese. Lungo quest'ultimo tratto del sentiero, i locali ricordano una deviazione che saliva sulla sinistra orografica della valle diretta ai Fontanelli. Questo sentierino passava vicino allo sperone roccioso ben visibile dal fondovalle (q. 1837), che viene chiamato cavùtë. Il motivo di questa designazione è che vi si trova un grosso buco nella roccia, da cui cavuto che qui si traduce con 'bucato'.

Il feudo d'Ugni

10. Dalla Pianetta del Balzo Pròvela, invece di imboccare il sentiero di Fosso la Valle, si può procedere lungo la strada forestale del Monte d'Ugni. Si trovano subito dei tornanti, che rimontano la còstë pasquàlë. Il toponimo riflette l'appellativo costa, mentre la specificazione richiama un nome personale.

11. Il terzo tornante della strada forestale passa non lontano da una valletta che scende dalle cime del crinale sommitale, chiamata la canàrë marìnë. Il toponimo riflette il traslato canala, nonché un diminutivo della voce antichissima mara 'acquitrino'.

12. Al di là della Canala Marina si estende il còllë callarìëllë, fino ad incombere quasi sulla strada di accesso dai Tornelli. Il toponimo riflette l'appellativo colle, con una specificazione che è un diminutivo di caldara ed allude forse a cavità nel terreno dove si raccoglie l'acqua.

13. Oltre il Colle Caldarelli, sempre nella fascia pedemontana a N della valle, si trova un secondo fosso, chiamato la canàrë dëll'òrzë. Anche qui troviamo l'appellativo canala, con una specificazione che richiama la presenza in passato dell'orso.

14. Proseguendo lungo la strada forestale dopo la Canala Marina, si affronta con numerosi tornanti la salita di ngòttë nucèllë. Qui passava anche il vecchio sentiero, riportato sulle carte IGM, diretto al bosco d'Ugni. Il toponimo riflette l'appellativo incotta 'terra assolata' e il fitonimo nocella 'nocciola'.

15. Il pendio di Incotta Nocella è separato dalla valle attraverso la fascia rocciosa di rìpa ròscë, lambita dalla strada forestale e da un precedente sentiero che conduceva alla Macchia. Il toponimo riflette l'appellativo ripa con l'aggettivo rosso, per via del colore delle rocce.

16. A monte di Incotta Nocella, la strada forestale attraversa a monte la valletta chiamata la canàrë la màcchjë, così detta perché permetteva l'acceso al ripido pendio boschivo e poi pratoso della Macchia. Il fosso confluisce più in basso nella Canala Marina, così come l'altra valletta, attraversata subito dopo dalla strada forestale, della la canàrë fammùchë. Anche questi nomi riprendono l'appellativo canala, con la seconda specificazione che riflette il nome locale del sambuco.

17. Dopo la Canala fammùchë la strada forestale sotto a dei balzi rocciosi, chiamati localmente lë prétë dë li trùocchë dë ngécchë. Il pendio sotto la strada è noto invece come sòttë a lë prétë dë li trùocchë dë ngécchë. Si tratta di una designazione che riflette la natura rocciosa della località (preta), nonché la presenza di vasche, naturali o artificiali, dove si raccoglie l'acqua (trocco), associate ad un personaggio locale 'Cecco'.

18. Sotto le Prete dei Trocchi di Cecco, transita a valle della strada il vecchio sentiero che saliva al Colle di Strozzi. Il tratto in cui questo, guadata la Canala Marina, rimonta sul Colle Callarelli, è detto la ngòttë dë li fièrchjë, poichè in località esposta al sole (incotta). La specificazione riflette il fitonimo farchia, una specie di 'canna palustre'.

19. La strada forestale incontra il vecchio tracciato di sentiero in prossimità della località chiamata l'àrë dë stròzzë. Il sentiero continuava diretto per risalire al còllë dë stròzzë, un crinale secondario sotto delle rocce (1200-1300 m), mentre la strada forestale aggira il crinale. Questi due toponimi riflettono un personale 'Strozzi', forse cognome. A poca distanza dalla strada forestale, vi si trova un rifugio detto di 'Colle Strozzi' (1138 m). Da segnalare che sulle carte IGm il toponimo C.le Strozzi è segnato altrove, nella zona della Macchia.

20. Dopo il rifugio di Colle Strozzi la strada forestale attraversa la radura (ara) dell'àrë lëvìggë, che prende il nome da un personale locale, 'Luigi'. Quindi guada il fosso chiamato localmente la vallòcchjë capànnë, il quale solca il versante N della montagna d'Ugni. La designazione riflette un diminutivo di valle, con una specificazione che allude forse alla presenza di una capanna, di un ricovero per pastori.

21. Superata la Vallocchia Capanna, la strada forestale perviene con un paio di tornanti al di sotto di una fascia rocciosa. In prossimità di uno dei tornanti, si trova un sentierino non segnato che, salendo fino a q. 1500 ca., porta alla gròtta nérë. La grotta, chiusa dal CFS, è di eccezionale interesse, essendo formata da due ambienti ricchi di concrezioni. Proprio la presenza di stalagmiti deve aver motivato un altro nome locale per la grotta (se non si tratta di una seconda), ossia gròttë dë mammuccìllë. Tale designazione riflette, infatti, l'appellativo mammoccio 'pupazzo', alludendo alla forma delle stalagmiti. Sulle carte IGM esiste il toponimo Mammuccilli, ma indica una vasta area a valle della strada forestale.

22. Salendo alla Grotta Nera dalla strada forestale, gli informatori locali sostengono che si attraversi il fosso detto lu cuparèllë. Se così fosse, dovrebbe trattarsi dello stesso fosso più a valle guadato dalla strada dopo la Vallocchia Capanna, anch'esso tributario del versante destro dell'Avella. Quanto al nome, riflette un diminutivo di cupo, per via della forma. Su un versante del fosso, deve trovarsi la gròttë dë lu cuparèllë.

23. Oltrepassato il Cuparello, la strada forestale sale più decisamente verso il crinale sommitale con una lunga serie di tornanti. Lungo questo tratto si incontra la gròttë dë lu trucchicèllë, forse poco più di un semplice riparo naturale. Il toponimo riflette un diminutivo dell'appellativo trocco.

24. Nei pressi di uno degli ultimi tornanti della strada forestale, si trova l'importante sorgente detta li fundanìellë, interessata da opere di sistemazione e captazione. Diverse località circostanti sono designate in relazione a questo toponimo, un diminutivo di fonte. Sotto il tornante in questione, si trovano lë grùttë dë fundanìëllë. Il fosso che trae origine dalla sorgente e che lambisce alcuni dei tornanti sottostanti della strada si chiama la canàrë li fundanìëllë. Infine, la zona in cui la strada impiana ormai sul crinale sommitale si chiama la piànë dë li fundanìëllë. E' qui che sorge il secondo rifugio del CFS, detto "Montagna d'Ugni" o "Ugni I" (1863 m).

25. Il crinale sommitale della montagna d'Ugni è costituito dalla Piana dei Fontanelli e da due altri rilievi. Quello intermedio, aggirato dalla strada forestale, prende il nome lu jàccë palatèllë (1938 m), evidemente per via di un antico iaccio, alla cui 'palata', o recinzione mediante pali, allude il toponimo.

26. Il rilievo centrale del crinale sommitale della montagna d'Ugni (2093 m) non ha un nome sulle carte IGM. Invece i locali lo chiamano lu còllë ciuminìërë, usando un traslato geomorfico, 'ciminiera', che allude al carattere sommitale della cima.

27. Una stradina alternativa alla strada forestale per salire al rifugio CFS è quella della Macchia. In discesa, occorre lasciare la strada al tornante della Piane dei Fontanelli, per seguire il crinale che si allarga con la piànë càsë (1870 m). Questo nome riflette l'appellativo piana nel senso locale di 'zona non ripida e pulita dal bosco', con una specificazione che allude o al rifugio o ad un preesistente ricovero. Dal crinale, il sentierino imbocca in discesa la vallòcchjë la piànë càsë, ripida e incassata ma agevole.

28. In fondo alla Vallocchia della Piana Casa si trova un primo tratto di bosco, probabilmente chiamato semplicemente Macchia, giacché in questa zona si trovano lu vàdë la màcchjë, un passaggio (vado) forse tra rocce, lu stàzzë dë la màcchjë, uno stazzo forse ai margini del bosco, oltre alla già citata Canala della Macchia.

29. Una seconda stradina che saliva alla Piana Casa dalla strada forestale è quella del Vaduccio. La si imboccava dal Colle di Strozzi (quantunque per gli informatori la stradina cominciava direttamente da Ripa Rossa), per attraversare la màcchjë dë li ècërë, un bosco caratterizzato dalla presenza di aceri. Dopo la località detta lu mandrùnë, per via di uno stazzo (mandra), si guadavano le rocce col cosiddetto vadùccë. Il toponimo, un diminutivo di guado, è stato ripreso dalle carte IGM come Bosco Vaduccio.

La montagna del Forcone

30. La strada forestale termina in corrispondenza dell'insellatura a q. 2041 tra il Colle Ciminiera e la grande cima, per buona parte coperta da pino mugo, che le carte IGM chiamano il Martellese (2259 m). L'insellatura, sede del rifugio CFS "del Martellese" (o "Ugni II"), è nota ai locali come lu jàccë dë lu martëllésë, evidentemente poiché vi si trovava uno iaccio, forse sul sito stesso del rifugio. Quanto alla specificazione, pare trattarsi di un soprannome locale, che richiama in qualche modo la voce 'martello'. Nei pressi, gli informatori segnalarono la gròttë dë lu martëllésë.

31. Le carte IGM chiamano il Martellese un ampio tratto del crinale orografico che continua a E la cima delle Murelle e chiude da S la valle di Palombaro. In realtà, la cima a q. 2259 viene chiamata dagli informatori locali la cìmë dë lu furcónë, nome che invece le carte attribuiscono (C.ma Forcone) alla cime seguente, più orientale (2240 m). L'uso del termine forcone per designare la cima è stato spiegato dall'informatore col fatto che la montagna è costituita da due cocuzzoli. Sembra dunque ragionevole ipotizzare che l'appellativo forcone si riferisca in origine alla sella tra i due cocuzzoli, mentre cima si riferisca alla più alta tra le due che dominano la detta sella. Quanto all'altra cima, ossia quella a q. 2240, a Fara (v.) è chiamata cimë du rapàrë.

32. Il crinale del Forcone scende rapidamente i direzione E, rialzandosi a q. 2017 con la cìmë dë maciarinèllë (v. Fara). Il versante settentrionale di questa cima è in parte roccioso, ma proprio in corrispondenza della cima si trova un pratone erboso che era risalito da un sentierino salente dalla Ravagliosa. La località è nota come la vallòcchjë chjappìnë, con un appellativo che è l'usuale diminutivo di valle utilizzato a Palombaro, ed una specificazione che riflette il fitonimo chiappino 'specie di pino', qui probabilmente il pino mugo.

33. Il crinale delle Macirenelle presenta uno sperone (1780 m) che si protende verso E ed è ben visibile dalla collina e dal paese (anzi, copre la retrostante Cima Macirenelle). Il toponimo è lu mërgiónë, un alterato di morgia, nel senso di 'grosso sasso'.

34. L'estremità orientale del crinale delle Macirenelle, che incombe sulla collina, è formato da due fasce: una bassa rocciosa e boscata, sovrastata da un pendio erboso in notevole pendenza. Quest'ultimo veniva attraversato per andare alla fundanèllë di Fara. Il nome è piànë la vaccarèccë, da piana nel senso di 'zona erbosa' e un alterato di vacca, con allusione al pascolo di questi animali. In effetti, da queste parti si trovava anche lu stàzzë, uno stazzo.

35. La fascia rocciosa che sorregge da E il crinale delle Macirenelle era accessibile da sentierini che partivano dalla collina pedemontana. Il più importante, limitato oggi alla Grotta S. Angelo, parte dall'imbocco della Valle, e rimonta in direzione E l'ultimo sperone del versante destro della valle (822 m), chiamato corrëtàrë. Questo toponimo è alquanto oscuro. Forse si tratta di un antico composto di corno (con assimilazione -rn- > -rr- nota a qualche dialetto) e di un secondo elemento nel quale, in via del tutto ipotetica, potremmo individuare uno dei primi nomi della Majella, ossia *tàrë.

36. Lungo il sentiero per la Grotta S. Angelo, superato Corretara, si individua in alto la località detta lë bbrëscìccë. Si tratta di una porzione di bosco che evidentemente bruciò in passato, giacché il nome vuol dire letteralmente 'bruciacchiato', o anche 'puzza di bruciato'. Questa zona è comunque molto boscata ed è significativamente chiamata li fièhë la màcchjë, con un composto di fago nel senso collettivo di 'faggeta' e una specificazione macchia, ripresa dalla cartografia IGM che presenta il toponimo la Macchia in questa fascia.

37. Il sentiero per la Grotta S. Angelo incontra una valletta lungo il suo percorso, che è detta la canàrë savìnë. Questo toponimo riprende l'appellativo canala, molto diffuso localmente, e come specificazione il fitonimo sabina, che designa un tipo di ginepro. In alto alla canala, si trova lu còllë dë la canàrë savìnë.

38. Dopo la Canala Sabina il sentiero per la Grotta S. Angelo trova un'altra porzione di bosco, nota come li fièhë vingènzë. Anche qui il fitonimo fago è usato nel senso di 'faggeta', mentre la specificazione richiama un personale 'Vincenzo'.

39. La gròttë sand'àngëlë è oggi raggiungibile con una sterrata che si stacca a q. 655 dalla strada di accesso all'imbocco della Valle, e poi con un sentiero attrezzato. Il toponimo locale riflette ovviamente l'appellativo grotta e l'agionimo "S. Angelo", ossia S. Michele Arcangelo, tradizionalmente venerato nelle grotte. Sovrasta l'eremo un'altra grotta, detta lu gruttónë, nella quale è segnalata presenza di acqua stillante, che in passato interessava anche l'eremo sottostante. Qui passava un ramo del vecchio sentiero.

40. Il vecchio sentiero per la Grotta S. Angelo incontra l'attuale sterrata a q. 719, nella zona pedemontana nota come lë merrécënë, da un derivato di morrice 'macigno (calcareo)'. In questa zona, si staccano anche la diramazione per il Grottone ed una seconda, che sale ancora più in alto al còllaspìë, un colle che sovrasta il Grottone e sul quale vi è una terza grotta. Il secondo elemento che forma il toponimo è alquanto oscuro.

41. Continuando in direzione S ai margini del bosco, il sentiero pedemontano transita nella località detta la vërnacchjésë, ormai non lontano dai confini con Fara. Caratterizza questa zona il valloncello detto la canàrë la vërnacchjésë. Il toponimo riflette il fitonimo verna 'ontano' attraverso un diminutivo vernacchia ed un ulteriore suffisso aggettivale -ese. E' stato ripreso dalla cartografia IGM come Vernacchiese, pur se esteso a località imprecisata.

42. Dalla Vernacchiese partivano numerosi sentierini diretti al crinale di Macirenelle e alle Fontanelle. Prima di giungere al Piano della Vaccareccia, dovevano superare un tratto di bosco e poi una fascia rocciosa che chiude a E il versante destro della Valle. Il bosco è genericamente chiamato màcchja curràdë, un toponimo che riflette l'appellativo macchia ed un personale locale, 'Corrado'. Una porzione è però detta lë macchjòttë, con un diminutivo.

43. Ai piedi dei dirupi sopra la Vernacchiese si trovava la località di prèta sardèllë, così chiamata da preta e dal fitonimo sardella, un 'tipo di erba spinosa'.

44. Uno dei sentierini che partivano dalla Vernacchiese transitava in mezzo ai dirupi nella località nota come passitèllë dë zì nicólë. L'appellativo passo designa proprio un 'guado' di un fosso o tra le rocce, mentre la specificazione richiama un personale locale. Sempre in questa zona va ubicata la gròttë përticónë, così chiamata forse per via di una pertica, un 'palo di legno'.

45. Un'ulteriore valletta incotrata da uno dei sentierini che, dalla Vernacchiese, portavano alle Fontanelle era la canàrë dë lu fërrùccë. In questo toponimo riconosciamo un diminutivo di ferro, forse per via del colore delle rocce. Per via di quest'ultimo elemento, vanno forse ubicate in questo fosso le sorgenti di fùndë rùscë, 'fonti rosse', segnalate in modo vago tra la Vernacchiese e le Fontanelle.