Marruci (Pizzoli)

Appunti sul territorio

Nell'ambito del comune di Pizzoli, il tenimento pertinente all'agglomerato di ville noto come Marruci si estende per buona parte ad est del Valico delle Capannelle, costituendo quindi la prima porzione della catena del Gran Sasso.

La montagna di Marruci ha il suo punto nodale nella vasta depressione che forma l'insellatura fra le montagne del Gran Sasso, della Laga, di Aielli. Dal punto di vista orografico, il valico della cróce (1275 m) separa il bacino dell'Aterno (Vallone delle Cese) da quello dell'affluente valle di Faschiano, mentre il successivo valico di cróce abbìu (1275 m) divide le acque di Faschiano da quelle del fiume Vomano. Dalla cróce, la linea spartiacque esce dal Massiccio di Aielli, elevandosi subito col cocuzzolo di còlle crapàru (1320 m), poi con lo sventrato dosso di còlle maìnu (1400 m), fino a saldarsi nei pressi di San Vincenzo con la prima montagna del Gran Sasso, quella mondàgna de sanfràngu (2132 m) che appartiene a Marruci solo per metà. Dalla cima, l'altra cresta spartiacque principale scende sirettamente alla cróce abbìu, per risalire dall'altra parte (orograficamente già nell'ambito dei Monti della Laga) con l'allungato pàgu rànne (1441 m), sul quale si trovava con ogni probabilità il castello di Vio. Un displuvio secondario è quello che, dal nodo di San Vincenzo, risale oltre la statale n° 80 alla sommità del tavolato delle màcchje (1592 m), per poi proseguire in tenimento di Arischia.

Il territorio montano di Marruci è antropizzato, in quanto attraversato dalla statale n° 80, con il suo Valico delle Capannelle (già detto in passato Passo di Arischia, ma corrispondente alla cróce), nonché dalla provinciale del Vasto, dalla recente carrozzabile di Faschiano, e da una ulteriore strada asfaltata che percorre il versante settentrionale della mondàgna de sanfràngu. Anche in passato era notevole la frequentazione di questi luoghi: basti pensare alla presenza del castello di Vio, della chiesetta di San Vincenzo, dell'edicola della Madonna della Zecca, nonché dei numerosissimi casali e casette sparsi lungo le vallate e sui pendii, e delle altrettanto numerose sorgenti.

Di interesse escursionistico è il rifugio "Antonella Panepucci", a confine col tenimento di Chiarino. L'unico sentiero CAI numerato, citato più volte nel seguito, è il n° 12, da cróce abbìu alla cima della mondàgna de sanfràngu.

La toponomastica

La Montagna di San Franco (versante Sud)

1. Per i locali di Marruci, la montagna più elevata del loro territorio, che si eleva fino alla quota di 2132 m, a confine con Arischia, è detta la mondàgna de sanfràngu, ovvero la 'montagna di San Franco', poiché sul suo versante sudorientale, in tenimento di Arischia, si trova il noto eremo di San Franco (di Assergi), ricavato in una grotta, assai frequentato. Il nome 'ufficiale' della montagna riprende questa versione, essendo presente sulla cartografia IGM come M. S. Franco, ma nella confinante Arischia si parla di sèrre.

2. La cresta occidentale della montagna è percorsa dal sentiero CAI n° 12, con partenza dalla statale n° 80 nei pressi del km 26 (Ponte della Lama), in località detta cróce abbìu, cioè 'croce ad Vium', con riferimento al diruto castello di Vio, che si trovava poco a nord, e che concorse alla costruzione della città dell'Aquila, facendo poi perdere le sue tracce. Il toponimo, che è presente sulla cartografia IGM come Croce Abbìo, quindi in una versione 'dialettaleggiante', non va quindi interpretato come 'croce avvio', come comunemente si fa, e come riportato anche nella I edizione di queste note.

3. Superata una cava di pietra, l'itinerario CAI n° 12 rimonta interamente la lunga cresta di prèta lìscia, fino alla cima. Il toponimo, Pietra Liscia sulle carte IGM, è un chiaro composto di preta, metatesi dialettale per petra 'pietra', e liscia 'lastrone di pietra liscia, levigata', voce del lessico e della toponomastica di antica origine prelatina. Ancora rocce si trovano più sopra, in una fascia ben visibile chiamata gli scógli ell'èna, con locuzione equivalente a 'gli scogli della vena', dove scoglio è un quasi 'italianismo', mentre l'uso della voce vena indica che si trova acqua che stilla in mezzo alle rocce.

4. Seguendo ora la provinciale del Vasto, che si imbocca dalla statale n° 80 non lontano dalla centrale elettrica, si sale con qualche tornante al dosso che forma la saldatura orografica fra la montagna di San Franco e quella delle Macchie. Si tratta del valico di cullìffe (1440 m), detto anche delle macchjòle, per la presenza di un boschetto il cui nome contrasta con quello della vicina regione delle Macchie. In meno di 1 km, lungo la provinciale, si perviene alla chiesetta di San Vincenzo (1455 m).

5. A nord di tale località dominante, si trovano diverse sorgenti. A monte di un tratto di strada bianca che serve una cava di pietra non lontano dalla statale, si trova la zona sorgentifera dell'àcqua frédda, corrispondente alla località Acqua Fredda menzionata sulla cartografia IGM. Una sorgente è a quota 1337 m. Più sopra, si trovano altre sorgenti: la spógna a quota 1475 m ca., dotata negli anni '30 di fontanile, e soprattutto il fontanile nei pressi della chiesetta di San Vincenzo. Entrambe sono segnalate sulla cartografia, la prima col nome di F.te Spugna, equivalente alla designazione dialettale, che deriva dall'assorbimento di acqua da parte del terreno, la seconda semplicemente col nome Abb.io, poi emendato nella carta CAI in Fontanile di S. Vincenzo.

6. Lungo la provinciale del Vasto, procedendo da San Vincenzo in direzione est, si giunge in breve ad un ampio spiazzo, che costituisce l'àra degliu spìnu, ovvero una vera e propria aia, per la trebbiatura dei cereali coltivati in loco e nelle contrade viciniori. La specificazione spino farà riferimento alla vegetazione spinosa presente in loco.

7. Sopra la strada, si estendono le pendici sudoccidentali della Montagna di San Franco, conosciute con la locuzione pì mónde, ovvero 'piedi monte', ripresa dalla designazione IGM Piè di Monte. Tale nome è stato esteso anche ad una sorgente, che si trova a 1650 m ca., realizzata nel XVIII sec. (a detta dei locali), chiamata infatti Sorg.te Piedimonte sulle carte IGM. Non lontano, si trova una seconda sorgente, indicata col nome F.te Grottina sulle carte (1766 m). In effetti, i locali conoscono il toponimo rottìna, che evidentemente fa riferimento ad acqua che sgorga da una cavità naturale, ma si è osservata, negli informatori, una inspiegabile confusione con la Fonte Capoccia che si trova nella lontana valle di Faschiano. Infine, una terza fonte è quella di pratonìscu (1800 m), che trae il nome, su IGM F.te di Pratonisco, dall'omonima località prativa che si estende sotto la cima, nome che formalmente risulta derivato da pratone, con un suffisso -esco di origine germanica.


La Montagna di San Franco (versante Nord)

8. La via più naturale e frequentata per percorrere il versante settentrionale della Montagna di San Franco è la strada, dapprima asfaltata, poi sterrata, che va al rifugio CAI "Panepucci", più noto come "Antonella". Poco oltre la cróce abbìu sulla statale n° 80, occorre imboccare una evidente strada sulla destra, toccando in sequenza i ruderi della casétta de minichìgliu (1298 m), poco a monte della strada (soprannome, diminutivo di 'Domenico'), e la non potabile fónde masciócco, anche detta di retroàtu (1300 m ca.), da un personale locale.

9. Un ampio curvone permette il superamento del vallone detto la pózza degli'ùrsu o, come riporta la cartografia IGM, F.so dell'Orso. Si tratta di termini, pozza e fosso, sostanzialmente sinonimi, ma il primo contiene la sfumatura di 'fosso dove si raccoglie (che porta) acqua'. Nelle vicinanze, si trova anche una rótta degli'ùrsu.

10. Dopo poche metri, continuando lungo la strada asfaltata per il rifugio "Panepucci", si guada il fùssu e madònna ella zécca, che prende il nome dall'omonima cappella (Madonna della Zecca, 1432 m), sita più a monte, lungo il tracciato della vecchia mulattiera che la strada carrozzabile ha sostituito. La cappella è ricavata in una grotta dove, fino agli anni '40 secondo le testimonianze del principale informatore, si celebrava messa per la gente di montagna. Ora vi è una piccola lapide col simbolo dell'associazione degli alpini ANA, e perciò al suo nome è stata aggiunta la variante Madonna degli Alpini sulla carta CAI. Il nome originario riprende quello dell'insetto, zecca.

11. La cappella si trova ai margini di un vasto bosco che occupa buona parte del versante settentrionale della Montagna di San Franco, il quale è chiamato màcchja òneca, dalla voce macchia, latino macula, 'macchia', poi 'boscaglia', e dall'aggettivo don(n)ico, latino dom(i)nicus, 'di proprietà del signore', regolarmente alterato secondo la fonetica locale per caduta della d- in posizione iniziale. La cartografia IGM riporta una versione non etimologica, Macchia Onica.

12. Continuando lungo la carrozzabile, che si fa sempre più dissestata, si passa alla base del còlle remmùnnu, così detto perché sgombro dal bosco fino in alto. Il toponimo è infatti un composto di colle e dell'aggettivo mondo 'pulito', rafforzato da un prefisso intensivo re-. A valle della strada, c'è la casétta de ciccandónu, non segnata sulle carte IGM, mentre poco avanti (1312 m), si trova la casétta de bardìccu, fra i ciliegi. Entrambi i nomi riprendono soprannomi locali.

13. Si giunge, sempre seguitando lungo la carrozzabile per il rifugio "Panepucci", alla presa di uno degli acquedotti di Marruci, battezzata ufficialmente F.te Rio del Colle, dal nome, egualmente riportato sulla cartografia IGM come Rio del Colle, del ruscello che scorre sotto la fonte, confluendo nell'alta valle del Vomano. In questo toponimo, la specifica colle si riferirà al vicino còlle della befanìa, una groppa a confine col tenimento di Chiarino (1363 m), indicato con lo stesso enigmatico nome, C.le della Befania, sulle carte. C'è però da dire che per i locali, il ruscello - e quindi anche la sorgente - è detta semplicemente ji rìi. Lungo la mulattiera che, dalle Case Cococcia, saliva parallelamente alla strada carrozzabile, si trova inoltre il malepàssu, ovvero il punto in cui si guada il suddetto rio, evidentemente disagevole. Da notare che passo in toponomastica indica propriamente 'guado, passaggio', a differenza dell'italiano 'passo'.

14. Quasi ai confini col tenimento di Chiarino, si lasciano sulla destra le dirute casétta de luiggió e capànna de viòla, delle costruzioni rurali (il termine casetta denota una consistenza maggiore rispetto a capanna), e si perviene in prossimità del colle (sulla sinistra) dove è l'arèlla de sórge, una vera ara, dove si trebbiavano leguminose foraggiere coltivate sul posto.

15. Dopo aver superato il Colle della Befania, la strada carrozzabile attraversa il vallone detto ju pìru, o fùssu egliu pìru, da un grosso albero di pero che si trova all'imbocco a valle. Tale nome è pure presente sulla cartografia IGM come il Pero, estenso in verità ad una indefinita regione. Nella parte alta, il vallone è anche detto ju trainàle, da una voce dialettale che indica dei ripidi scivolatoi lungo i quali vengono convogliati i tronchi abbattuti nel bosco, ma anche più semplicemente dei canaloni che scaricano pietre.

16. Guadato il vallone del Pero, si lascia sulla sinistra, poco a valle, la fónde frédda (1260 m), che in realtà si trova al di fuori dei confini comunali, chiamata Sorg.te Acqua Fredda sulla cartografia IGM. Lungo la strada, si passa la casétta de sórge, a monte ai margini della scarpata, e si attraversa la località dove sorgevano le casarinèlle, dei piccoli rifugi estivi, adibiti alla produzione del formaggio (l'appellativo casarino è dal latino *casearinus).

17. Più avanti, si entra nella località streppàra, un colle cespuglioso che precede la diramazione per il rifugio "Panepucci" (1420 m). Il toponimo è un derivato della voce streppi, metatetica per 'sterpi', attraverso il diffuso suffisso -arius/-a che ha dato, regolarmente, -aro/-a.

18. Continuando lungo la carrareccia, si passa il còlle de tafànu (soprannome), toccando la fónde ella scuèlla (della 'scodella'), con recente fontanile, da dove si può proseguire verso la tèrra de móccu (soprannome), ai confini con il tenimento di Chiarino.

19. Salendo invece lungo la sterrata per il rifugio "Panepucci", si esce subito dal bosco della Sterpara nella radura della tèrra de fuàna, dove fioriscono cespugli di rosa canina. La voce terra, in questo toponimo e nel precedente, assume il significato, proprio anche dell'italiano, di 'proprietà, podere', ma essa è più largamente usata, nel lessico storico, a designare il 'paese' (ovvero il centro abitato, autonomo ma non 'città', non sede vescovile), in curiosa contrapposizione con paese, la 'campagna'.

20. Aggirando il boscoso cocuzzolo che si eleva a quota 1535 m, si entra nella conca del pràtu a péi, il 'prato da piedi', e poi nella fóssa rànne a péi. Quest'ultima è la parte bassa ('da piedi') della fóssa rànne, un grosso canalone, noto per le tremende scariche di slavine, che più in alto è detto fóssa rànne a càpu ('da capo'). Quanto al nome, si tratta di un trasparente composto di fossa, riflesso del latino fovea 'buca', e dell'aggettivo grande, e quindi va emendata la versione riportata sulla cartografia IGM, Fossa Ranni.

21. La parte alta è chiusa da una quinta di balze rocciose, dette le scàle, per traslato geografico. Più sopra, il pendio diventa agevole e poco pendente fino alla cima della Montagna di San Franco. Qui si apre il solco dell'àlle, la valle per eccellenza, la quale si perde nel bosco a monte del tracciato della vecchia mulattiera.

22. Ai piedi della Fossa Grande, la sterrata ritrova la vecchia mulattiera che transitava per la Madonna della Zecca. Proseguendo sovrapposte, si perviene nella località delle cózze (1615 m), così chiamata dalla voce cozza che indica una 'buca dove si raccoglie l'acqua'. Qui si trovava il bivio con una mulattiera che saliva nell'àlle ell'inférnu, ovvero l'orrida 'valle dell'inferno', ripida e pericolosa d'inverno. Il nome, riportato sulle carte IGM come V.le dell'Inferno, si contrappone a quello dell'àlle egliu paraìsu, la 'valle del paradiso', più aperta e dolce, che si trova più ad est, nel tenimento di Chiarino.

23. Dopo le Cozze si entra nella radura di pràtu a mézzu, 'prato da mezzo', la seconda dopo il Prato da Piedi, e prima del seguente pràtu a càpu, 'prato da capo', che è la località dove sorge il rifugio "Panepucci" (1700 m). La zona nel suo complesso è quella delle pretàra, come indicato anche dalle carte IGM, che riportano Pretara. Il toponimo dialettale è un femminile plurale, per influsso dei plurali in -a dei nomi neutri latini, ma il suffisso è il derivativo -arius/-a, applicato a preta 'pietra'.

24. Sull'altura a nordovest del rifugio, si trova un piccolo masso con incisa una croce. E' questo il punto di riferimento dei tre confìni, dove si toccavano i confini di Marruci, Arischia e del tenimento di Chiarino (ex proprietà privata dei Cappelli).


La montagna delle Macchie

25. Il settore compreso fra la statale n° 80 che sale da Arischia, e le pendici della Montagna di San Franco, è orograficamente dipendente da quest'ultima, ma culmina con un ampio tavolato alla quota massima di 1592 m, indicata sulla cartografia IGM col nome di C.le delle Macchie. Nella nomenclatura locale, l'intera regione è detta le màcchje, mentre non si conosce un nome specifico per la cima, cosa non sorprendente visto che il fulcro della zona è costituito dai coltivi che si trovano sul versante meridionale, su IGM le Macchie ed ancora Coppi delle Macchie, corrispondente alla dizione dialettale ji cóppi delle màcchje. Tutti questi toponimi riflettono la voce macchia 'boscaglia', che si riferirà ad una fase storica nella quale la regione non era stata ancora messa a coltivo.

26. La vecchia mulattiera che da Marruci sale alla montagna incontra la statale n° 80 nei pressi del km 21, per poi salire, fra folto rimboschimento di pini, lungo la pacìma egliu làgu, che è il versante rivolto a nord della valle del làgu, corrispondente alla designazione IGM Valle del Lago, F.so del Lago. Qui, lago sarà riferito allo slargo con cui termina in alto la valle, che si riempirà di acqua in certi periodi. Dipende da questo toponimo anche la solàgna egliu làgu, che è il nome con cui si indica il versante nord (a sole, cioè rivolto a sud) della valle, alle pendici dell'isolato maìno (1400 m), un colle sventrato completamente da una grossa cava di pietrisco. Quanto a quest'ultimo nome, in via ipotetica può essere confrontato con la base *mag- di origine prelatina, che è all'origine del nome della Majella (Magella mons), con un diverso suffisso.

27. Un'altra via che sale lungo le pendici della montagna delle Macchie parte dal Ponte le Pescine sulla statale n° 80. Tale nome si riferisce alla località le piscìne, costituita da un fosso che per un tratto segna il confine comunale fra L'Aquila e Pizzoli.

28. Si svalica a quota 1254 m su un crinale che si stacca dall'elevazione detta ad Arischia la fairàta (1445 m). In corrispondenza del punto trigonometrico (1419 m), la cartografia IGM riporta il toponimo la Pacima, ma è chiaro come i locali di Arischia e Marruci indicano con la designazione la pacìma non già la cima, quanto il versante esposto a nord, ora ricoperto interamente da pineta. La voce pacima è infatti un incrocio fra pacina, voce derivata dal latino (terra) opacina 'luogo in ombra', e cima.

29. Traversando a mezza costa, si giunge sotto la zona sorgentifera delle fondanèlle, corrispondente alla località Sorg.te Fontanelle riportata dalla cartografia IGM. Il vallone che solca questo tratto di sentiero, scendendo sopra la statale, è detto ju fùsso della pacìma, e la sua solagna (il versante esposto a sole, a sud) è detta la solàgna egliu jùe, essendo jùe una versione dialettale del termine giogo, dal latino iugum, nel senso traslato di 'giogo montano, valico'.

30. Superato il Fosso della Pacima, si entra nella spoglia regione dei Coppi delle Macchie, e poi si percorre tutta la Pacima del Lago, per riuscire infine alla strada provinciale del Vasto, non lontano da Fonte Lorma. Superato il dosso che salda la catena del Gran Sasso alla montagna delle Macchie, si scende verso il piànu de rotigliànu, coltivato fin dall'Alto Medioevo, come attestano alcune citazioni del toponimo, che è un prediale formato dal nome personale Rotilius, con il suffisso -anus. Lo stesso nome lo si ritrova in tenimento di Arischia, nei nomi Colle di Rotigliano, Fonte di Rotigliano, per cui si può pensare che il toponimo Rotigliano indicasse, in una certa epoca storica, un po' tutta la montagna di San Franco (la quale certo non aveva ancora questo nome).

31. La parte più bassa del Piano di Rotigliano è costituita dall'impluvio dei riàgli, che confluiscono nella Valle del Melo di Arischia. Il toponimo è certo un derivato di rio, dal latino rivus 'ruscello', attraverso una formante -alia, usata in senso vagamente dispregiativo. A pacina, si trova la contrada della còsta sécca, incolta ma caratterizzata dalla presenza di alcuni mandroni.


La zona del Valico delle Capannelle

32. La statale n° 80 che sale da Arischia compie una tortuosa traversata del versante meridionale della montagna delle Macchie, superando diversi valloni e costeggiando ampie zone rimboschite a pino. Nei pressi del km 23, si entra nella lunga depressione che costituisce l'insellatura fra la catena del Gran Sasso, la dipendenza del Massiccio di Aielli e i Monti della Laga. Qui si trova la località della cróce, in corrispondenza del primo valico fra il bacino dell'Aterno e quello della valle di Faschiano (1275 m). Il nome dell'Ost.a Croce, diruta, riportato sulla cartografia IGM, riprende quello della località, che è oggi passato anche ad una Cantoniera che si trova dall'altro lato della strada.

33. Oltre il valico si costeggia il cocuzzolo di còlle crapàru (1320 m), corrispondente al C.le del Capraro della cartografia IGM che fa riferimento a capraro come mestiere, quindi 'pastore di capre', piuttosto che come aggettivo nel senso di 'impervio, adatto alle capre', che in effetti qui non si applica.

33. In breve, si giunge nella zona della centrale elettrica (la centrale realizzata dalla società 'Terni'), che per i locali era cavagliùcce. Appena dietro la pinetina accanto alla centrale, si trova la valletta di lórma, con l'omonima fontana (F.te Lorma sulla cartografia IGM). Quanto al nome, in via ipotetica può rappresentare un aggettivo sostantivato *ulmeus, dal fitonimo ulmus 'olmo', declinato al femminile (e quindi senza metafonia) e con concrezione dell'articolo davanti al nome.

34. Una serie di curve e tornanti porta ad un traverso sopra la località della làma, che guarda la sottostante valle di Faschiano. Il toponimo, riportato correttamente come la Lama sulla cartografia IGM, riprende l'antica voce del lessico lama 'frana', già voce latina.

35. Al termine della traversata della Lama, si giunge al secondo valico, fra il bacino di Faschiano e quello del Vomano, preannunciato dalla Croce Abbio. Sulla sinistra, viene un'affusolata crestina che culmina con la cimata di pàgu rànne (1441 m), facente già parte del sistema dei Monti della Laga. Il nome pago richiama il latino pagus 'territorio rurale', ma non è escluso che qui riprenda il significato originario del termine, 'cippo di confine (di un territorio rurale)', in quanto ancor oggi, nei pressi della cimetta, passa il confine con il tenimento di Chiarino.

36. Un cocuzzolo che si stacca dalla cresta principale, è il castellànu (1428 m), citato anche sulla cartografia IGM come il Castellano. Il nome richiama la presenza di un antico castrum, con ogni probabilità quello di Vio, che concorse alla fondazione della città dell'Aquila e che, col vicino Porcinaro, andò ben presto diruto. Del resto la vicina cróce abbìu (croce ad Vium) conferma questa ipotesi.

37. Sul versante meridionale della cimata di Pago Grande, è la boscaglia dei cérri, che guarda la valle di Faschiano e la recente carrozzabile per Capitignano. Il nome è pure presente sulla cartografia IGM, e dipende chiaramente dal tipo di vegetazione presente.

38. Tornando lungo la statale, si scende ora nell'alta valle dell'àcqua sànda, che costituisce il primo tratto del bacino del fiume Vomano. Il nome, Valle dell'Acqua Santa sulla cartografia IGM, fa riferimento a qualche presenza sacra nella zona, forse ancora da associare al castello di Vio. Se infatti la rocca si trovava in cima al citato cocuzzolo, una pieve o parrocchia poteva bene essere collocata in sito più agevole, lungo l'attuale strada statale.

39. Più avanti, la strada compie un'ampio curvone in corrispondenza del fussu e giannótti, citato anche sulla cartografia IGM come F.so di Giannotti, che trae il nome da un personale locale. Proseguendo, nei pressi del km 29 si trova l'imbocco della strada per il Lago di Campotosto, mentre tirando avanti si giunge all'Albergo-Ristorante "Capannelle", sito ai confini comunali fra Marruci ed il tenimento del Chiarino. Sulla destra, comincia ad aprirsi la regione pianeggiante delle pràta.