Lucoli


Appunti sul paese


Lucoli è un comune sparse costituito da 15 frazioni, ovvero Collimento, sede comunale, e poi Colle, Piaggia, Sant'Andrea, Casavecchia, Spogna, Spognetta, Lucoli Alto, Vado Lucoli, Peschiolo, Prata, Santa Croce, Francolisco, Santa Menna e Casamaina. Si tratta di piccoli villaggi disposti lungo la vallata del Rio, anche detta Valle di Lucoli. La parlata predominante è del tipo aquilano-forconese, oggi in via di sostituzione con l'aquilano cittadino.

La prima attestazione del toponimo Lucoli è del sec. XI. Successivamente, vengono menzionati prima Collimento e poi tutti gli attuali abitati. Il toponimo riflette il latino luculus 'boschetto' e probabilmente si applicava in origine all'attuale Lucoli Alto.

Molto importante è l'Abbazia di San Giovanni Battista, risalente al sec. XII, secolarizzata nel sec. XV. Della costruzione originaria rimangono alcune parti esterne ed il cortile con porticato. Annessa al complesso è l'omonima chiesa. Altre chiese sono quella di San Michele Arcangelo (sec. XII), presso Lucoli Alto, San Lorenzo di Casavecchia, San Giorgio di Prata e Peschiolo, Santo Menna, Santa Croce, San Sebastiano di Collimento, tutte citate nel sec. XIII, Sant'Andrea (sec. XIV). La cappella votiva della Madonna di Piedicolle fu eretta nel 1590 come santuario della Beata Cristina. Dirute sono le chiese montane di Sant'Eramo, presso un villaggio omonimo, e San Felice al Monte o della Camardosa, di cui rimanevano alcuni resti noti come "la chiesola".


Appunti sul territorio


Assai vasto è il territorio montano di Lucoli, che si estende a monte della strada Roio Piano-Piaggia e della frazione Santa Croce, fino al crinale spartiacque con il Piano di Pezza.

La vallata di Lucoli è scavata dal torrente Rio, il quale ha origine presso Casamaina. Lo spartiacque di questa vallata ha come testata il valico, anche stradale, della crocétta di Campo Felice (1539 m). Alla destra orografica, si ha la vetta di còsta ciufoló (2142 m), che si salda a quella di mónde càgno chiudendo il piccolo bacino chiuso di settàcque (1978 m), in territorio di Bagno. La linea displuviale rientra in comune di Lucoli con la sèrra lónga (1860 m), la quale comprende l'elevazione di còlle rotónno (1654 m), prima di riunirsi alla dorsale di Roio al di là del piàno de càmbuji. Alla sinistra orografica della valle del Rio, c'è l'imponente montagna nota coi nomi di mond'arséglio, matróne (2043 m) e tirrìccio (1617 m). Dopo quest'ultima cimetta, si allarga in una serie di dossi e piccoli altopiani, come quello di raponàglia, perdendosi sopra Santa Croce. Il bacino chiuso di Campo Felice è delimitato dal crinale che coincide col precedente fino alla cima del matróne, poi piega verso sud fino al valico della chjesòla (1656 m). Da qui risale alla cima della cornàcchja (2174 m) e, attraverso i passi del morratàno (1983 m) e del puzzìglio (2039 m), raggiunge il confine comunale al costóne (2239 m) che sovrasta il Lago della Duchessa. Quindi piega verso est, con una cresta che separa dal Piano di Pezza, fino ad entrare nei confini di Rocca di Cambio e poi Rocca di Mezzo. Ad ovest del territorio comunale, si estende la regione boschiva di Cerasolo, con un crinale che separa l'alta valle del Raio da quella del morratàno, culminante con la torricèlla (2098 m). Più a valle, a confine con Tornimparte, c'è la zona collinare di sand'èramo.

La montagna di Lucoli riveste un eccezionale interesse naturalistico, ma anche la presenza antropica ha lasciato vistose tracce. Alcune, purtroppo, invadenti, come le numerose piste che si snodano verso ju mónde di Lucoli o nei dintorni di Campo Felice. Altre, significative, come gli stessi ruderi dell'insediamento stagionale del mónde, o le miniere abbandonate di bauxite che si trovano nella vàlle òna, sopra Casamaina e a mónd'arséglio. Nulla rimane invece della chjesòla di Lucoli e dell'altro insediamento di Cerasolo. Di interesse escursionistico e forestale sono il rifugio dei cambetégli (1720 m), il rifugio CAI Sebastiani (2102 m), l'albergo Alantino a Campo Felice, nonché ovviamente la località sciistica stessa, che però appartiene amministrativamente a Rocca di Cambio.

La sentieristica CAI include numerosi percorsi a Lucoli: i numeri 4, 4A e 4B al Matrone, il n° 5 alla Cornacchia, il n° 5A alla Torricella, i numeri 6A e 6B sul Monte di Lucoli, i numeri 7A e 8 verso Monte Cagno.


La toponomastica


La montagna di Raponaglia
1. L'abitato di Santa Croce è il più elevato di una serie di villaggi comprendente anche Francolisco, Santo Menna e Sant'Andrea, disposti lungo la recente carrozzabile che conduce allo svincolo autostradale di Tornimparte. Fuori da Santa Croce, la strada percorre la vàlle elle rottélle, un breve valloncello incuneato fra il cocuzzolo di Munito e le estreme propaggini della dorsale di Matrone. Il nome della valle, riportato come Valle delle Grottelle sulla cartografia IGM, è un composto di valle, con la specificazione che richiama la presenza di piccole grotte, cavità naturali sfruttate per usi agropastorali.

2. A destra (ovest) della Valle delle Grottelle, si erge il cocuzzolo di munìto (1118 m), sormontato da una croce ben visibile dai centri sottostanti. Il nome dell'altura è Colle Munito sulla cartografia IGM. Probabilmente deriva il nome da qualche resto di fortificazione o di recinto che si troverà sulla sua sommità. Questa località era una bandita, ovvero una zona in cui era vietato il pascolo, come si deduce dagli statuti comunali del 1667.

3. A sinistra della Valle delle Grottelle si estende la regione collinare di scisciàno, menzionata sulla cartografia IGM come Scisciano. Il toponimo è di chiara formazione prediale, visto il tipico suffisso -ano. Il personale che ne è alla base può essere Sittius, come ipotizzato per l'omofono comune in provincia di Napoli.

4. Una valletta laterale che si incunea fra i dossi di Scisciano è detta manétta lónga. Tale nome, riportato pure sulle carte come Manetta Longa allude senz'altro alla forma della valle, e della mulattiera che la solca. Quanto all'appellativo manetta risulta poco chiaro, forse un soprannome.

5. Guadagnata la sella che chiude l'altura di Munito, da dove parte una sterrata per la croce sommitale, la strada carrozzabile devia in direzione sudest, imboccando l'angusta màlle èra. Il nome è un composto di valle e del diffuso appellativo vera, che si riferisce spesso a sorgenti, inghiottitoi ecc.

6. A q. 1117, la carrozzabile ritrova il sentiero di Manetta Longa, in prossimità della còna, un'edicola votiva non segnata sulle carte forse perché diruta. Aumentando di pendenza, si sale verso la spianata sommitale costeggiando i mmàrmi. Tale località è una vecchia cava di marmo, roccia molto ricercata in passato.

7. A questo punto, la strada guadagna la spianata di raponàglia, costituita da una cresta che salda la montagna di Matrone a sud col coluzzolo detto còlle raponàglia (1316 m). Sulla cartografia IGM solo questo toponimo è riportato, come Colle Raponaglia. Il nome sembra formato col suffisso collettivo -alia, quindi la base sarà un rapone, da confrontarsi con Rapone (Pz), a sua volta connesso con voci lessicali dei dialetti meridionali, come rappa 'terreno piantato a vigneto'. Più avanti si trovano le cónghe de raponàglia, anche dette le cónghe, come riportato sulla cartografia IGM le Conche. Si tratta di una serie di avvallamenti che guardano il versante affacciato sulla valle del Raio.

8. La strada percorre l'altopiano sommitale giungendo alla forchétta e murìttu (1250 m), caratterizzata da una croce riportata pure sulle carte. Il toponimo, adattato come Forc.ta Moretti sulle carte IGM, riflette il latino furca nel senso di 'valico, sella', in quanto qui svalica un sentiero proveniente da Collimento. La croce, visibile da detto paese, segnava proprio la fine della salita per chi andava verso la valle del Raio.

9. Il sentiero che va da Collimento alla Forchetta di Moretto scende dapprima al fondovalle del torrente Rio, in località la tenùta. Questa località, menzionata pure sulla cartografia IGM come la Tenuta, richiama qualche coltivo ivi presente.

10. Guadato il Rio attraverso un ponticello, il sentiero sale nel bosco delle carpinétte, andando ad imboccare la testata del fùsso de cacazzìtto. Il nome del bosco è certamente un collettivo di carpino, col suffisso -eto scambiato per diminutivo, mentre il nome del fosso richiama un soprannome locale, che vale 'cisposo'.

11. Superata la strettoia fra due cocuzzoli (1230 m e 1186 m), il sentiero approda all'avvallamento (1147 m) detto ju làgo. Si tratta di una dolina carsica, dalla cui forma deriva, per traslato, il nome, riportato pure sulle carte IGM come il Lago. Da qui alla croce, manca solo una breve salita.

12. A nord di Collimento, ma sul versante sinistro del Rio, si trovano gli abitati di Peschiolo e Prata. A monte di queste case, si trovano le località dei peschjetélli (forse più schiettamente peschjetégli) e della piàja (de pràta). Il primo toponimo si riferisce alle rocce che circondano l'ansa del Rio presso Collimento, in quanto peschio è voce dialettale, di antica origine italica, per 'macigno, masso'. Il secondo nome riguarda il pendio a monte del paese, fino all'altura di 1211 m che separa da Raponaglia. L'appellativo piaia riflette un latino plagia, prestito dal greco.


La montagna di Terriccio
13. Dalla cappelletta di Sant'Antonio (1041 m) che si trova sulla strada provinciale per Campo Felice, si scende coll'itinerario CAI n° 4A al fondovalle del Rio. Oltrepassatolo, si prende una mulattiera che costeggia dei prati, poi risale una costa entrando ed uscendo dal bosco. I diversi valloncelli che solcano il bosco sono chiamati le canàji, come del resto riportato sulla cartografia IGM le Canali e Valle le Canali, che però si riferisce ad una forra più individuata. L'appellativo canale 'grondaia' ha in toponomastica il senso traslato di 'canalone che porta acqua'.

14. Tagliata la forra, il sentiero n° 4A sale ad una sella erbosa, racchiusa da due muretti, in località mellùccio. Chiamato Melluccio anche sulle carte IGM, il toponimo ha evidente origine da un soprannome locale.

15. Il sentiero sale quindi sulla ripida costa chiamata Carpeneto sulle carte IGM e CAI. Tale toponimo appare però sconosciuto ai locali, che invece conoscono un carpinàle, sito però più a sudest. Entrambi i nomi sono comunque derivati di carpino, con valore collettivo. Altra località della zona è forse il cóppo egli òlaci. La specificazione di questo toponimo riprende il nome dialettale dello 'spinacio selvatico'.

16. La prima cima toccata dal sentiero n° 4A è quella di tirrìccio (1624 m), nota come Terriccio sulla cartografia IGM e Monte Terriccio sulla guida CAI. Il toponimo risulta fra le quattro montagne di Lucoli citate da Abbate, insieme a Matrone, Arsello e Cornacchia, ma si tratta più che altro di un'appendice della catena di Matrone. Quanto all'origine del nome, pare formalmente un derivato di terra, forse nel senso di '(monte) terroso'. Però nell'Atlante di Rizzi-Zannoni (a. 1783), solitamente rispondente alle dizioni dialettali, il toponimo compariva nella forma Il Torricchio.

17. Ad est della cima di Terriccio ha origine il canalone di fùrno vécchjo (o fùrnu écchju, a seconda del grado di 'aquilanizzazione' dei parlanti), che scende in direzione della valle del Rio. Il nome della forra, Vallone Forno Vecchio sulla cartografia IGM, si compone dell'appellativo forno, forse relativo alla presenza di una 'fornace' per la calcinazione delle pietre, e dell'aggettivo vecchio, per il fatto che l'uso di tale 'fornace' venne abbandonato per una 'nuova'.


La montagna del Matrone
18. Il monte più alto di quelli prospicienti la valle di Lucoli è il culmine della catena che costituisce l'ossatura spartiacque fra la valle del Raio e quella del Rio. Sulle carte IGM, così come sulla guida CAI, il nome della vetta è Monte Orsello (2043 m), e toponimo è riportato sulle carte a partire dall'edizione IGM del 1884. Ancora Abbate riconosceva però che, dopo Terriccio, fra le montagne maggiori lucolane veniva Matrone. Questo nome ritorna nell'Atlante di Rizzi-Zannoni (a. 1783) come M. Matrone, che è l'attestazione cartografica più antica. In effetti il toponimo ju matró è ancora usato dai locali per designare un po' tutta la zona sommitale dei sentieri che salgono verso la cima, ed in particolare un grosso 'coppo' che si apre a 1700-1800 m sotto la vetta. Sulla cartografia IGM, compare pure il nome Matrone, proprio nei pressi di detto 'coppo'. In sintesi, il nome del 'coppo' è stato attribuito anche alla cima ed all'intera montagna, finchè non è stato sostituito in quest'ultima accezione da Monte Orsello, che dipende dal nome dell'altra montagna mond'arségliu. Quanto al significato della designazione, essa riflette un appellativo matra 'madia', da un latino regionale mactera, ma il senso non è del tutto chiaro.

19. La punta rocciosa che costituisce la cima del Matrone (2043 m) ha un nome specifico, che è ju chicchirichì pizzùto. La specificazione è usata per distinguerlo dall'altra punta (1998 m), più arrotondata, del chicchirichì spezzàto, che corrisponde alla cima chiamata Pizzo delle Fosse sulla cartografia IGM (a partire dall'edizione del 1884). Mentre quest'ultima designazione è del tutto arbitraria, e dipende dal nome delle Fosse, i valloni sul versante orientale della montagna, i due chicchirichì mantengono un nome di antichissima origine, per quanto strano. Si tratta infatti di un incrocio fra l'onomatopea del gallo, con riferimento alla 'cresta' del monte, ed il tema cucco attribuito proprio a punte rocciose, del quale si hanno munerosi esempi su tutto l'Apennino Abruzzese.

20. Il versante orientale della montagna del Matrone comincia oltre il vallone di Forno Vecchio con la contrada del laghìtto (1147 m), raggiungibile dalla cappella di Peschio Cancelli con un sentierino che guada il Rio. Il nome della contrada, il Laghetto sulla cartografia IGM, mostra che si tratta di un pantano.

21. A monte del Laghetto si eleva il crinale di ciampó, ovvero Ciampone come riportato sulla cartografia IGM. Questo nome non sembra spiegabile altrimenti che con un soprannome locale, equivalente a 'Zampone'.

22. Il crinale di Ciampone è chiuso ad est dall'impluvio del fùsso ella lamàta, risalito da un impervio sentierino che parte dal Rio. Il toponimo si compone degli appellativi fosso e lamata, quest'ultimo variante di lama 'pantano, frana'.

23. Oltre il Fosso della Lamata, c'è il crinale centrale della montagna, che scende direttamente dalla cima. Su questo transita il sentiero CAI n° 4B, che parte dal km 14,100 della statale per Campo Felice. Il guado del Rio è a q. 1150, nella località che prende il nome di prìmo rìo, evidentemente nel senso di 'primo (guado del) Rio', relativamente a Casamaina.

24. Il sentiero n° 4B sale in una zona di muretti e massi isolati, nota come la rocchétta. Così chiamata anche sulle carte IGM, la località sembrerebbe prendere il nome da qualche costruzione, se non proprio dai recinti di pietra a secco. Più oltre, il sentiero giunge ad un campo coltivato in piano, non lontano dal quale c'è ju làgo, un'altra zona umida.

25. La parte ripida del sentiero CAI n° 4B conduce fino a q. 1348, dove si incrocia la mulattiera proveniente da Casamaina. Nei pressi, si trova il macigno noto localmente come péschio rósso, ovvero peschio - 'macigno, masso' - 'grosso', cioè ben visibile dai paesi.

26. Un altro tratto di salita, delimitato da muretti a secco, conduce al ripiano dove si trova la fonte di scacchìtto, presente come F.te Scacchitto sulla cartografia IGM (1425 m). Il nome della sorgente sembra collegato ad un soprannome locale, se non è un collettivo in -eto falsamente reinterpretato come diminutivo in -etto.

27. Costeggiata una defensa delimitata da un muro a secco, il sentiero n° 3B giunge ad un bivio a q. 1589. Prendendo a destra, si va alla fónde córno (1622 m). Questa sorgente, chiamata F.te Corno sulla cartografia IGM, prende forse il nome dal fatto di trovarsi quasi in cima al picco montano. L'appellativo corno può infatti riferirsi proprio al chicchirichì.

28. A valle della Fonte Corno scendono numerosi valloncelli, noti collettivamente come le fósse. Tale nome, ripreso come Valle le Fosse sulla cartografia IGM, è pure alla base dell'arbitrario Pizzo delle Fosse attribuito al chicchirichì spezzàto. Quanto al significato del toponimo, fossa indica un 'avvallamento'. A questo è collegato l'altro toponimo le fossétte, ovvero la conca prativa proprio sotto la cima, lambita dal sentiero n° 3B e riportata come le Fossette sulle carte IGM. Il sentiero aggira la conca delle Fossette rimontando il costone roccioso ad ovest, alla cui base si abbandona la mulattiera diretta alla zona pascolativa del Matrone vero e proprio, che ha dato il nome all'intera montagna. Salito il costone, si giunge in vetta.


Monte Arsello
29. Se il Matrone è la montagna di Collimento e Lucoli Alto, la parte del crinale compreso fra il Rio e Campo Felice pertinente a Casamaina è detta piuttosto mond'arségliu. Tale nome è citato da Abbate come terza 'montagna' di Lucoli, dopo Terriccio e appunto Matrone. Successivamente, diventa M. Orsello e viene attribuito dai cartografi alla cima del chicchirichì pizzuto, massima elevazione del crinale. Oggi resta vago nella memoria dei locali, associato per lo più al sentiero che sale dalla Crocetta di Campo Felice (sentiero CAI n° 4). L'origine della designazione è chiara: si tratta di un derivato di arso, con riferimento al versante esposto a sud, cioè verso Campo Felice, dove si trova la miniera di bauxite molto importante nel passato. Ecco che allora si chiarisce la tripartizione sopra citata: Terriccio è il versante nordovest, Matrone quello est, Monte Arsello quello sud, della stessa montagna.

30. Tralasciando le località, prossime a Casamaina, della casétta (1249 m), e dell'àra vècchja (1390 m), seguiamo il sentiero che sale da detto centro verso la cima di Monte Arsello. Questo sentiero parte dall'acquàro (1372 m), dopo un 'guado' dell'impluvio del Rio. Il senso del toponimo è proprio 'portatore di acqua', riferito al torrente.

31. Dirimpetto a Casamaina, si risale il pendio delle cèse, sul quale si incotnrano diversi sentieri. Il toponimo riflette il sintagma latino (silva) caesa, qui nel senso di 'bosco ceduo, di givoani quercioli, soggetti al taglio periodico'.

32. A metà circa della fascia di bosco, si trova una valletta interna, con alcune radure, racchiusa da una crestina (1616 m). Si tratta della portèlla, o vàlle portèlla, attraversata per intero da una mulattiera che unisce il Matrone alla Crocetta di Campo Felice. Sulla cartografia IGM, a partire dall'edizione del 1884, si trova il toponimo la Portella due volte, la prima in corrispondenza della valletta, la seconda più distante, ma sempre sulla mulattiera che quindi ha ripreso il nome della località. Questo riflette l'appellativo porta nel senso di 'entrata, passaggio', riferendosi a qualche particolarità del luogo.

33. A monte della valle della Portella c'è il pendio della lamàta. Il nome, presente pure sulla cartografia IGM come Lamata, è omofono a quello di altra località presso Collimento. Si tratta di variante di lama, di origine prelatina, che significa 'pantano' ma anche e soprattutto 'frana'.

34. La parte più elevata di questo versante, ormai a ridosso della cimata, è noto come le ngòtte. Tale nome richiama l'appellativo ngotta che in genere si applica a località calde ed assolate, riflettendo il sintagma latino (terra) incocta. In questo caso, però, si tratta di località esposta a nord, cioè in ombra. Perciò si può pensare a ngotta nel senso gromatico di 'estensione di terra', significato però conosciuto soprattutto nell'Abruzzo adriatico. La cartografia IGM riporta il fuorviante l'Engotte.

35. La crestina rocciosa ad est della cima del chicchirichì è nota nel suo complesso come la fulminèlla, per via dei fulmini che si scaricano sulle sue punte. Scendendo lungo tale cresta, si giunge ai resti di un insediamento stagionale (forse chiamato Monte Arsello ?) e quindi alla zona di cóppo agapìto, non lontano dalla vecchia miniera di bauxite. Il nome di questo 'coppo' è oscuro. Potrebbe trattarsi di un riferimento ad un nome locale 'Agapito', o una specificazione capìto, cioè 'da capo', come in Prato Capito. La cartografia IGM riporta un fuorviante Coppa Agabito.

36. La zona delle miniere di bauxite, cioè l'originale Monte Arsello è raggiunto dalla statale di Campo Felice in due maniere. Un primo sentiero viene da q. 1516, e cioè dalla località dell'endràta, così chiamata perché prelude a Campo Felice. Lungo questo sentiero, si attraversa la località dei riùcci, una serie di valloncelli che confluiscono proprio verso l'Entrata. Il nome è un diminutivo di rio 'ruscello', a sua volta riflesso di rivus.

37. La strada più frequentata per salire a Monte Arsello da Campo Felice è quella ripresa dal sentiero CAI n° 4, e cioè la sterrata che parte dalla crocétta, il valico stradale (1560 m) segnato da una croce. Lungo questa strada, che compie diverse curve, si troverebbe j'àrco, una formazione di roccia ad arco molto caratteristica, secondo alcuni locali.

38. La vecchia strada che portava alla Crocetta da Casamaina, prima dell'attuale statale per Campo Felice, era la vìa egli ùtteri. Questa è stata ribattezzata Via di Mezzo sulla cartografia IGM, il che presupporrebbe altre due vie, una 'da capo' e l'altra 'da piedi'. Invece, la designazione registrata presso i locali riflette l'appellativo bùttero 'mandriano, pastore', che deriva dal greco bùtoros 'bovaro'. Nel sistema della transumanza apulo-abruzzese, il buttero è il pastore incaricato del trasporto, con vettura, di formaggio, agnelli ecc. dagli stazzi ai magazzini o al paese. Acquista allora maggior senso la designazione di questa mulattiera.

39. Lungo la Via dei Bùtteri si trova la icènna, una contrada non lontana da Casamaina. Il nome Laicenna sulle carte IGM è del tutto fuorviante, giacche si tratta dell'appellativo vicenna, in questo caso 'luogo dove si avvicendano le greggi', piuttosto che 'terreno coltivato a rotazione'.


La regione di Sant'Eramo
40. Proseguendo lungo la strada che va allo svincolo autostradale Tornimparte, dopo la Forchetta di Moretto si trova un bivio con la strada che invece viene dal bacino sciistico di Campo Felice. Prendendo a destra, si costeggia la dolina detta ju cóppo e sangiórgio, sita fra due cocuzzoli (1369 m, 1382 m). L'appellativo coppo è molto diffuso proprio nel senso di 'avvallamento', mentre il riferimento a San Giorgio è oscuro.

41. Si scende ora ai margini della pianetta della tavernòla, nel cui fondo corre invece una sterrata molto importante in passato. E' proprio la frequentazione di questo fondovalle, con tutti i casali dislocati più a monte, ad giustificare la presenza di una taverna che avrebbe dato il nome alla località. Sulle carte IGM, il toponimo è riportato come Tavernola.

42. Un vistoso cocuzzolo appena ad ovest della Tavernola è detto ju mùzzo (1250 m). Tale toponimo vale formalmente 'mozzo', per via della forma tronca dell'altura, ma sulle carte IGM si trova il nome Murri, che è evidentemente errato. Il versante a sud del cocuzzolo, sul quale transitano dei sentierini provenienti dal fondovalle del Raio, è detto solàgna egliu mùzzo.

43. Mentre la strada asfaltata si dirige vero la valle del Raio entrando in comune di Tornimparte, seguiamo la strada sterrata di sandèramo, che raggiunge l'omonima località densa di antichi casali. Si trovano in zona il Casale Cordeschi, il Casale Murri (in dialetto mùrri, da cui l'errore per quanto riguarda ju mùzzo), il Casino Pupatti più a monte. Il nome della regione ricorda una vecchia chiesa che qui esisteva a cura delle anime degli stagionali, ma non sappiamo dove fosse precisamente localizzata.

44. Proseguendo lungo la sterrata, si giunge a 1399 m a dei ruderi di un casale, ed alla fondanèlla e pupàtti, nome adattato come Fontanella di Pupatti sulla cartografia IGM. Si tratta di un riferimento ad un cognome o soprannome locale, lo stesso che troviamo in Casino Pupatti poco più sopra. Una seconda fonte si trova non lontano, ed è la fónde elle scodèlle. Questo nome riflette invece l'appellativo scodella con riferimento alla modalità con cui vi ci si beveva. Sulle carte IGM, si trova F.te delle Scodelle.

45. A monte delle due sorgenti, a q. 1425 c'è un guado del fosso che scorre parallelo alla strada. Tale guado, oltre il quale si può andare verso Cerasolo, è chiamato ju mmalepàsso. Questo diffuso nome si applica a passaggi angusti e malagevoli, come risulta evidente dalla composizione. In questo caso, la zona più scomoda sembra però essere la discesa lungo il fosso, chiamato vallóne sand'onófrio. L'appellativo vallone si applica spesso proprio a canaloni ripidi e poco percorribili, mentre in Sant'Onofrio c'è un ennesimo riferimento a costruzioni sacre del quale nulla si sa dire. Sulle paretine rocciose che guardano il vallone da nord, si trova infine la grótta de sand'onófrio.

46. Sembra che lungo il tratto successivo della sterrata si trovasse un'altra croce, chiamata la crocétta egliu sciàcco, da un soprannome locale. Non è però né riportata sulle carte, né menzionata altrove.


La regione di Cerasolo
47. Seguendo la strada sterrata dalla Tavernola, siamo arrivati nei pressi del valico stradale della Chiesòla, così chiamato dalla chiesetta di San Felice della Camardosa, citata a partire dal sec. XII. Come riporta la guida CAI, la modesta costruzione, chiamata in epoche più recenti Chiesola di Lucoli (la chjesòla), venne poi utilizzata, ormai semidiruta, come ricovero di pastori, e successivamente spazzata via per la costruzione del raccordo autostradale. Dal nome della chiesetta, deriva quello dell'altopiano carsico di Campo (San) Felice.

48. La nostra sterrata transita sul sottostante pràto capìto, dove c'è un fontanile ed un rifugio. L'enigmatico toponimo, riportato come Prato Capito sulla carta CAI ma assente su quelle IGM, suona talvolta agabìto sulla bocca dei paesani, forse per confusione col nome personale Agapito. In realtà, deve trattarsi di un derivato di capo, nel senso di 'da capo, in cima'. Cioè, si tratta del 'prato da capo', rispetto alla sottostante regione di Sant'Eramo.

49. Dal rifugio parte l'itinerario CAI n° 1, diretto alla cima di Monte Cava. Corrisponde alla vìa da càpo per i Prati di Cerasolo, che si aggiunge alle altre due vie dette da méso e da péji. La nostra, che contiene nel nome un'ulteriore spiegazione del toponimo Prato Capito, si sviluppa quasi interamente nel bosco di Cerasolo. In una radura si trova la piscìna, un fontanile non segnato sulle carte.

50. La vìa da méso, cioè 'di mezzo' corre più in basso rispetto alla precedente, unendo il laghetto di Cerasolo alla regione delle cèse. Questa, indicata col nome le Cese sulla cartografia IGM, sarà un bosco ceduo, ovvero una porzione di bosco dove le piante venivano tagliate periodicamente per la legna. E' questo uno dei significati dell'appellativo cesa, che formalmente riflette il sintagma latino (silva) caesa 'tagliata'.

51. La vìa da péji è la più lunga delle tre che solcano il bosco di Cerasolo. Parte dal guado a q. 1425 sul Vallone di Sant'Onofrio, anche noto come ju mmalepàsso. Non lontano (1425 m), trova il cóppo cassétti, o de genitóre, da due soprannomi locali forse riferiti allo stesso casato. Entra quindi nella sottoregione di cesinàglia, a confine con Tornimparte. Il nome di questa località ha la stessa origine di quello delle vicine Cese. Infatti, si tratta di un derivato in -alia di cesina, variante di cesa nel senso di 'bosco ceduo, soggetto a taglio periodico'.

52. Le tre vie si ricongiungono non lontano dal confine comunale, nell'ampia radura dei Prati di Cerasolo. Qui doveva sorgere, secondo quanto riportato dall'Antinori citato dalla guida CAI, un villaggio di nome Cerasolo, già disabitato nel sec. XVII, del quale non è rimasta traccia alcuna. Quanto al toponimo, si tratta di un diminutivo di ceraso 'ciliegio', per la presenza di tale pianta selvatica nella zona. Sulla cartografia IGM, il toponimo compare già nell'edizione del 1884.

53. Dai Prati di Cerasolo si staccano due sentieri CAI diretti a sud. Il primo (n° 1F della guida CAI Velino-Sirente) parte dalla località nota come vàlle de quartaró. Qui valle va inteso nel senso di 'radura', mentre la specificazione è un soprannome locale, ricostruito come Quartarone sulla carta CAI, ma che più probabilmente era un cognome Quartaroli. Lungo tale sentiero si trova il cóppo de miócchi (1714 m), anch'esso battezzato a partire da un soprannome. Questa località è citata pure sulla guida CAI Velino-Sirente, come Iaccio di Miocco.

54. L'altro sentiero che parte dai Prati di Cerasolo è quello della vàlle ell'àsina (anche a Corvaro), che percorre l'omonima vallata, nota come Valle dell'Asino sulla cartografia IGM. Il nome della valle dipende da quello dell'animale, al femminile, asina.


La regione del Campitello
55. I sentieri provenienti dai Prati di Cerasolo sbucano fuori dal bosco nei pressi di un rifugio forestale (1720 m) sito in contrada Campitello. Questa vasta regione risulta compresa fra il bosco di Cerasolo a nord ed una serie di creste rocciose dagli altri lati. Sulla cartografia IGM il toponimo compare dall'edizione del 1884, mentre il nome dialettale è a Corvaro i cambetégli, al plurale. In ogni caso, si tratta di un derivato di campo, nel senso locale di 'piano carsico'.

56. Salendo al Campitello dalla Valle dell'Asina, usciti dal bosco si trova un bivio a q. 1567. Il ramo di destra conduce allo jàcciu ell'urdìca, noto ai locali di Corvaro. E' infatti uno iaccio, cioè una località per il pernottamento delle greggi, uno 'stazzo'. La specificazione riflette il fitonimo dialettale per 'ortica'.

57. Proseguendo sul sentiero di destra, si entra nella lunga valle di mercatùru, trovando il sentiero CAI n° 2G. Questa località trae il nome dalla pratica di 'marchiare' il bestiame. Il verbo mercare, che ha proprio questo significato, deriva dal provenzale mercar.

58. In fondo alla valle del Mercatoro, si trova la sella (1900 m), che mette in comunicazione con il Lago della Duchessa. Il nome registrato a Corvaro per questo valico è a forchétta egliu làgu, che fa riferimento proprio al lago sottostante (1788 m).

59. Ad est della valle del Mercatoro, si innalza la rocciosa montagna, alta 2006 m, battezzata Punta dell'Uccettù sulle carte IGM e sulla guida CAI. Tale nome è però sconosciuto ai locali di Corvaro e Lucoli, mentre i primi conoscono il toponimo u battitùru per designare il versante della montagna che guarda la valle. Questo nome formalmente vale 'battitoio', e si riferirà a qualche pratica della pastorizia.

60. Tutta la montagna che sovrasta il pianoro del Campitello è conosciuta presso i locali di Corvaro come a montàgna elle mònache, cioè 'la montagna delle monache'. E' indubbio il riferimento alla proprietà di un convento di monache, secondo alcuni informatori di Poggio di Roio.


La montagna del Morretano
61. Il sentiero CAI n° 5A, che parte dalla Chiesola, percorre per intero la vallata che si chiama vàlle ella jumènta (così anche a Corvaro) prima e vàlle egliu morratànu dopo. Il primo tratto è quello a monte di Prato Capito, diversamente da quanto riportato dalla cartografia IGM con il nome Valle della Giumenta. Questo riprende senz'altro lo zoonimo giumenta, al femminile come àsina nel toponimo Valle dell'Asina già incontrato. Dopo un tratto di bosco, si esce definitivamente allo scoperto nella parte più alta della valle, che prende il nome di morratànu (anche morretàno a Lucoli). Ripreso dalla cartografia IGM come Morretano (sin dall'edizione del 1884) e Valle del Morretano, il toponimo si applica in origine alla dorsale piuttosto accidentata ad ovest della valle. Sembra riflettere l'appellativo morro 'grugno del porco', molto vitale nell'Appennino Abruzzese nel senso traslato di 'mucchio di rocce', ma di dubbia origine. O piuttosto sarà un toponimo prediale, visto il suffisso -ano, ma in questo caso sarebbe difficile riconoscere il gentilizio romano che ne è alla base. Sulla carta CAI, il fontanile realizzato all'imbocco della Valle della Giumenta (1616 m) è stato erroneamente ribattezzato F.te del Morretano. Inoltre, il valico a q. 1983 che mette in comunicazione con la Valle Vona è stato chiamato P.so del Morretano, presumibilmente già dalla guida di Landi Vittorj del 1955.

62. Nei pressi della cosiddetta Fonte del Morretano si trova lo Stazzo dei Sardi, citato nella guida CAI. Fuori dal bosco, forse a q. 1632, c'è il cóppo làrgo, una dolina erbosa. Sulla destra di chi sale (ovest), la dorsale del Morretano si abbassa con la crestina di péschjëcórë, dal nome enigmatico quanto foneticamente arcaico (si osserva l'uso della vocale atona indistinta, ormai soppiantata dalle vocali piene di tipo aquilano). Tale nome risulta chiaro nella prima parte - è l'appellativo peschio 'macigno, masso roccioso', ma la seconda parte è del tutto oscura. In via ipotetica, si può proporre un confronto con gli appellativi cùriu della vicina Corvaro e córë di Pettorano (Aq), che hanno il significato di 'canalone'. Si tratta di appellativi attribuibili al sostrato, giacchè risultano del tutto isolati e non spiegabili con voci latine. Inoltre, a questa voce paiono accostabili anche i settentrionali Curone e Curino (Vc), goffamente spiegati come antroponimi. Se tale intuizione è corretta, allora il senso della designazione inquestione sarebbe 'peschio canale', che di per se è un sintagma diffuso.

63. Il crinale di Peschio Coro e del Morretano culmina con la rocciosa punta della torricèlla (2071 m). Questo è probabilmente un nome attribuito dai primi cartografi. Una sorgente che si trova proprio sotto la cima è chiamata sulla guida CAI Fonte della Torricella (2005 m).


La montagna della Cornacchia
64. La quarta 'montagna' di Lucoli, secondo Abbate è Cornacchia. Oggi, sulle carte IGM (a partire dall'edizione del 1884) e sulla guida CAI, questo nome compare come M. Cornacchia, un'elevazione (2010 m) poco evidente della cresta nordovest del M. Puzzillo (2174 m). Inoltre, proprio sotto questa cima, e non sotto la prima, si trova la sorgente chiamata F.te della Cornacchia. Seguendo invece la nomenclatura locale, si comprende come la cornàcchja sia il nome attribuito all'intera montagna, per lo più boscosa, compresa fra Campo Felice, la Valle del Morretano e la Valle Vona. Che Puzzillo non sia il nome della cima, è confermato anche dal nome della sorgente, che altrimenti sarebbe stata detta *Fonte del Puzzillo. Quanto all'origine del toponimo, esso richiama formalmente il nome dell'uccello, certo molto diffuso da queste parti. Ma più verosimilmente, si tratta di un derivato, con valore accrescitivo, di corno, nel senso di 'grossa punta rocciosa'.

65. Il nome M. Puzzillo che si trova sulla cartografia IGM è stato arbitrariamente introdotto a partire dal toponimo màcchja egliu puzzìglio, che si riferisce al bosco ad est della cima. Tale nome, riportato correttamente come Macchia del Puzzillo sulle carte IGM, dipenderà a sua volta dalla presenza di un pozzo (1781 m) nella Valle Vona, dove si trovava una miniera di bauxite, certamente molto conosciuta e frequentata. Il toponimo puzzìglio è infatti un diminutivo, col suffisso -illo trattato secondo la fonetica locale, di pozzo. A Corvaro, u puzzìglio è stato registrato per indicare tutta la valle alta dove si trova il pozzo.

66. Il bastione roccioso che regge la cima della Cornacchia da sud, sopra il cosiddetto Passo del Morretano, è detto vèna róscia. Si tratta di un chiaro riferimento al color rosso della bauxite, minerale dell'alluminio, mentre vena è un termine qui usato nel senso di 'fascia di rocce', senza particolare riferimento ad 'acqua stillante', come farebbe pensare un traslato geomorfico di vena. Per inciso, questa voce del lessico latino e romanzo non ha origine chiarita. Sulle carte IGM compare Vena Rossa.

67. Sul versante nord della cima si trova il cóppo degli'ùrso. Si tratta probabilmente di una conca a q. 2000 circa, delimitata dai dirupi del cosiddetto M. Cornacchia e dal bosco. Questa conca, certamente nota ai pastori, era raggiunta da apposito sentierino ancora riportato sulle carte IGM. Quanto al nome, esso si compone dell'appellativo coppo 'avvallamento' e della specificazione orso, per via della presenza dell'animale in queste zone.

68. Il sentiero segnato sulle carte che va al Coppo dell'Orso passa per un lungo tratto nel bosco, nella zona detta fau abbruciàto. Il sintagma è chiaro: si tratta di un 'faggio bruciato', quindi un settore di faggeta bruciato o forse una zona in cui i faggi sono seccati, diventando del caratteristico colore rossastro.

69. Spostandoci sulla strada di raccordo fra Campo Felice ed il casello autostradale, dopo il valico della Chiesola si trova sulla sinistra la fonte di salécchja, nota come F.te Salecchia (1666 m) sulle carte IGM, dove tutta la zona è chiamata Salecchia. Il nome fa riferimento alla pratica di spargere il sale per le capre o forse dipende da un personale non chiaro.

70. Proseguendo in direzione di Campo Felice, sotto la strada, a destra, c'è la fónde egliu càmbo (1550 m), riportata come F.te del Campo sulla cartografia IGM. Il nome è un chiaro composto di fonte e di campo, che ha il valore di 'pianoro carsico', come è appunto quello nel quale si trova.

71. Dalla Fonte del Campo parte una mulattiera, ignorata dalla guida CAI, ma ben nota ai locali che la ricordano col nome trattùro. Questa via andava a svalicare alla sella fra i cosiddetti Monte Fratta e M. Cornacchia, scendendo verso la valle del Morretano. Il nome è un riflesso dell'appellativo trattoro, che ha il significato originario di (iter) tractorium 'tracciato rurale'. Con l'impronta metafonizzata, il vocabolo è stato trasmesso nell'italiano tratturo 'strada per la transumanza delle pecore'.

72. Una deviazione dalla via del Trattoro conduce ad un'ampia radura nel bosco, nota come vàlle lónga (1680 m). Il nome, riportato come Valle Longa sulle carte IGM, deriva dalla forma, mentre valle ha qui il significato di 'radura nel bosco', come per Valle della Portella già incontrato.

73. Ad est della Fonte del Campo, nel centro del piccolo 'campo' sotto la strada per Campo Felice, si forma stagionalmente ju làgo attrono all'Inghiottitoio (1524 m). Come in altri toponimi lucolani, lago ha qui valore di 'stagno, acquitrino'.

74. Le acque che confluiscono nell'Inghiottitoio del Lago provengono per lo più da rivoli che scendono dal bosco a sud del bacino carsico. Questa regione è nota come càpo àcqua, adattata in Capodacqua sulla cartografia IGM. Si tratta in effetti del diffuso sintagma capodacqua, che ha il valore di 'capo dell'acqua', ovvero 'sorgente, luogo da dove provengono le acque'.

75. Spostandoci verso Campo Felice, si trova la vasta regione collinare della camardósa. Il nome, riportato come la Camardosa sulla cartografia IGM e addirittura M. della Camardosa sull'Atlante di Rizzi-Zannoni (a. 1783), lo ritroviamo pure in quello della F.te Camardosa, un fontanile a q. 1532 non lontano dal Lago. Abbiamo a che fare con un toponimo molto interessante, che richiama l'appellativo camarda di difficile etimologia. Sulla base delle voci abruzzesi camarda 'campo rigoglioso di grano', 'tettoia di frasche', del suffisso -arda che si ritrova come accrescitivo in panarda 'abbuffata cerimoniale', del radicale cama in voci iberiche per 'giaciglio, lettiera, letto' e nell'italiano 'pula, loppa', si può risalire ad un significato, certo prelatino, proprio di 'pula, loppa del grano', usata per fare i giacigli e le lettiere. Quanto al nostro toponimo si tratterà, più che di una contrada seminativa (siamo oltre i 1500 m), di una zona dove si faceva stazzo, ovvero dove il pastore faceva i giacigli per la notte insieme al suo gregge.


La regione di Campo Felice
76. L'accesso di Campo Felice è duplice: o dal valico stradale della Crocetta, per chi proviene da Lucoli, o dalla Camardosa per chi viene dal casello autostradale. Entrambi trovano subito l'Albergo Alantino, collegato alla strada da una sterrata. Dietro l'albergo, comincia la regione collinare dei céndo móndi. Il nome, riportato come Cento Monti sulla cartografia IGM, si spiega osservando i numerosi dossi che vi si trovano.

77. La regione dei Cento Monti può essere attraversata con una carrareccia che in passato serviva la miniera di bauxite. Oggi, è molto frequentata dagli sciatori che compiono il cosiddetto 'Giro del Puzzillo'. La strada, oltre la miniera, sale nel bosco fino ad uscire nell'ampia vàlle òna, dove si trovano il pozzo (1781 m) che ha dato il nome Puzzillo al bosco vicino, un rifugio costruito nel 1984 vicino ad una cisterna con fontanile inutilizzabile (1825 m). Il toponimo venne riportato sulle carte IGM del 1884 come V. Leona, e tale designazione rimane fino ad oggi. La guida CAI ricorda però che il nome originario è Valle Bona, cioè valle 'buona per il pascolo'. Nella fonetica locale, il nome è infatti da ricostruire in Valle Vona, da cui, per caduta di v intervocalico, vàlle òna. L'adattamento IGM è dunque del tutto errato. La parte alta di questa valle, cioè dopo la miniera ed il bosco, è chiamata Valle del Puzzillo sulla guida CAI, ed in effetti u puzzìglio a Corvaro. Nella testata, si trova pure la Fossa del Puzzillo, un ampia conca.

78. Appena ad est della miniera di bauxite della Valle Vona c'è la porzione di bosco detta màcchja rotónna. Era un tratto conosciuto e frequentato, in quanto vi transita una mulattiera. Il toponimo, Macchia Rotonda sulla cartografia IGM, si compone dell'appellativo macchia 'bosco' e ell'aggettivo rotondo, per via della forma.

79. Superata la Macchia Rotonda si imbocca una seconda strada sterrata, proveniente dalla strada di Campo Felice. Prima che questa si incunei nel bosco, dovrebbesi trovare lo jàccio de ceraciàri, certo in una zona prativa. Questo 'stazzo' prende il nome dal soprannome dei frequentatori.

80. Proseguendo lungo la sterrata, si entra in una stretta valletta nel bosco, chiamata Fava Bruciata sulle carte IGM. Questo nome è un macroscopico errore, perché quello dialettale è fàu abbruciàto, cioè 'faggio bruciato'. Si tratta di un toponimo omofono ad uno già trattato per la zona della Cornacchia, e dipende o da un effettivo incendio, o dal colore rossastro dei faggi malati.

81. In questo tratto di bosco, si trova pure la calecàra, una località dove si traevano le pietre per la calcinazione. Dietro un dosso, c'è inoltre la radura della vàlle ella genziàna (1674 m), con un coppo prativo. Il nome riflette l'uso locale di valle, che è 'radura nel bosco', mentre la specificazione richiama il fitonimo genziana, presente in abbondanza in queste località.

82. Altre due 'valli', ossia radure nel bosco si trovano in direzione sud, verso la cimata che separa dal Piano di Pezza. Si tratta della vàlle ell'àcera e della vàlle ell'azzócchjo. Questa seconda pare riferirsi al circo nominato Valle dell'Azzocchio sulle carte IGM, che pure riportano Punta dell'Azzocchio per la cima (1992 m). La Valle dell'Acera sarà allora più ad ovest, caratterizzata da due doline a q. 1737 e q. 1738, raggiunte da sentierini provenienti da Macchia Rotonda. I toponimi riflettono l'uno il fitonimo acera 'acero', e l'altro lo zoonimo azzocchio 'tipo di insetto'.

83. Sotto la Valle dell'Azzocchio si trova la località delle tre màndre. Forse si tratta dl 'trivio' a q. 1746, da dove si diramano tre sentieri. Uno va alla Valle dell'Acera, uno sale alla Valle dell'Azzocchio ed il terzo svalica verso il Piano di Pezza. Sono queste tutte località frequentate dai pastori e dalle greggi, per cui il sintagma 'tre mandre' non si riferisce a tre recinti presenti nella stessa località, ma a tre sentieri ognuno dei quali conduce ad una 'mandra'. La voce mandra è di origine greca, passata nel latino, e designa il 'recinto' per il bestiame.

84. Nella porzione di Campo Felice appartenente a Rocca di Cambio si trovano le sciovie e le piste da discesa, nonché il piazzale della stazione sciistica. Una località frequentata dai pastori era mangìni, poco prima della stazione. Chiamata Mangino sulle carte IGM, il nome della località pare invece riferirsi ad un cognome 'Mancini'.

85. Dietro la stazione sciistica si trovavano ji fortìli, delle costruzioni in pietra a secco usate per il ricovero del bestiame. La voce riflette il latino non attestato *fortile, derivato di forte nel senso di 'fortilizio'. Una altra località è lo jàccio de bénzi, chiamata così dal soprannome o cognome del pastore 'Benzi'.


La montagna di Ciufolone
86. Dalla Casa Cantoniera vicino Casamaina parte il sentiero CAI n° 8, diretto alla cima di Monte Cagno. Raggiunto l'acquedotto (1437 m), si sale per prati e resti di coltivi recintati alla fónde majóre (1495 m), una sorgentella le cui acque sono state probabilmente deviate per realizzare l'acquedotto. Sulla cartografia IGM è presente senza nome, ma Fonte Maggiore è attribuito all'intera zona. Si tratta di un composto di fonte 'sorgente' e dell'aggettivo 'maggiore', per via della portata che in passato doveva essere copiosa, ed assicurare l'acqua all'abitato.

87. Una seconda fonte la si trova più a monte, ed è la fondìzzola, anche detta fondìzio (1550 m). Chiamata F.te Fontizio sulla cartografia IGM, la fonte è di dubbia potabilità. Il nome riflette un passaggio, non raro di -ìzzol- a -izio, come è avvenuto per il nome del fiume Gizio, attestato in epoca medievale come Giczolum. Il suffisso originario è dunque -ezza, metafonizzato in -izzo ed ampliato col suffisso atono -'ola di valore diminutivo.

88. Tagliata la carrareccia proveniente dalla statle per Campo Felice, il sentiero n° 8 risale il valloncello di faucìcchjo con comodi tornanti. Il nome della località, che è Faucicchio sulle carte IGM, riflette l'appellativo falce, forse come traslato geomorfico, cioè per via della forma arcuata della valletta. Il suffisso è il diminutivo -ecchio, metafonizzato in -icchjo. Risalito il valloncello, ci si immette in una vasta conca prativa, ormai in comune di L'Aquila, tenimento di Bagno.

89. Un'altra via che sale sulla montagna ad est di Casamaina è il sentiero CAI n° 10B, che parte dal km 18,900 della statale per Campo Felice, cioè dalla località dell'Entrata (1516 m). La carrareccia si sviluppa nel bosco, e pare essersi sovrapposta ad un sentierino noto forse ai locali come vìa de méso, da cui dipende la designazione Via di Mezzo attribuita dall'IGM alla Via dei Bùtteri.

90. La carrareccia lambisce la zona detta ju sassóne, evidentemente per via di un grosso masso che emerge dal bosco. Tale nome è pure presente sulla cartografia IGM, come Sassone.

91. Verso i 1600 m, il sentiero n° 10B abbandona la carrareccia, che prosegue verso Bagno, e sale lungo una pista dissestata in località ji paolìni, che prenderà il nome da un cognome locale 'Paolini'. Sulla cartografia IGM si trova i Paolini e pure Coppa Matteo (due volte). Il nome locale cóppo matté, composto di coppo 'conca, avvallamento' e del personale 'Matteo', non è chiaro a quale evidenza geografica si riferisca.

92. Terminata anche la pista, a q. 1900 circa, il sentiero n° 10B segue verso est lungo il crinale degli órti, a confine con Bagno. Il toponimo è l'Orto sulla cartografia IGM, e riflette l'appellativo orto, qui nel senso di 'località rigogliosa', evidentemente per il pascolo del bestiame.

93. Ad una sella a q. 1975 si trova un bivio. Un sentiero prosegue dritto verso la Costa Ciufolone, l'altro devia a sinistra verso Settacque. Quest'ultimo proviene da Campo Felice, avendo risalito la ripidissima costa dei rindòrteri. Tale nome, riportato come Rintorteri sulla cartografia IGM, e conosciuto anche a Bagno, è costruito sull'aggettivo torto, attraverso il prefisso intensivo re-, la preposizione in ed il suffisso dei plurali neoneutri -ere. Il senso della designazione è dunque 'via che si attorciglia', con riferimento ai numerosi tornanti necessari per risalire il costone.

94. Proseguendo verso est, il sentiero n° 10B giunge in cima alla còsta ciufoló (2142 m), cioè sulla vetta del M. Cefalone, come è chiamato sulle carte IGM, sin dall'edizione del 1884, e CAI. Il monte, e la sottostante F.te Cefalone, derivano il nome ufficiale dalla designazione locale che indica il ripido costone prospiciente Campo Felice. Secondo Carlo Tobia, il nome deriva dal verbo dialettale (s)ciufolà 'scivolare', che indicherebbe proprio le caratteristiche del versante meridionale.


Il Monte di Lucoli
95. Seguiamo la carrareccia del sentiero CAI n° 10B, anche dopo che questo itinerario la lascia per salire a svolte sui Paolini. Superata anche la fonte Fontizio, si transita sotto la costa detta lìbbro sannjuvànni (1652 m). Questa curiosa designazione è confermata a Bagno, oltre che sulla cartografia IGM Libro di S. Giovanni. Si tratta o di un traslato geomorfico di 'libro', con riferimento alle numerose tracce sul costone che lo rendono simile alle pagine di un libro chiuso, o a designazione che vale 'proprietà'. In effetti la citazione dell'agionimo San Giovanni si riferirà a proprietà dell'Abbazia di San Giovanni presso Collimento.

96. A valle della carrareccia, si trova il boschetto della macchjòla, costeggiato dall'altro sentiero CAI n° 7A. Al di là (ovest) di questo, si trova la contrada delle farìne, nome riportato come le Farine sulla cartografia IGM. Suggestivo è l'accostamento al termine fara, che presupporrebbe un insediamento longobardo, confermato dalla presenza della chiesa di San Michele, santo patrono dei Longobardi, più a valle presso Lucoli Alto.

97. Sopra il cimitero di Casamaina, si trova la località dei cérri, dalla quale si saliva con una mulattiera alla miniera della Valle di Serralunga, che è il fosso che scende ripido proprio in direzione del cimitero. Il toponimo Cerri allude alla presenza di pianto di 'cerro' nella zona.

98. Al di là della Valle di Serralunga, il costone prende il nome le mandrèlle, che è pure riportato nella cartografia IGM come le Mandrelle. Questo riflette la presenza di 'mandra', ossia di recinti per il bestiame, sovente fatti in pietra a secco.

99. Il settore boschivo a sudovest del costone del Monte è chiamato ji càrpini, pure sulla cartografia IGM che ha i Carpini. Si tratta evidentemente di un bosco in cui la specie predominante è il 'carpino'.

100. Proseguendo verso valle, a destra della strada statale per Collimento si trova la lìscia, un costone ripidissimo e costituito, evidentemente, da lastroni di pietra a vista, chiamati liscia in loco. Nella stessa zona è pure la ffacciàta, il cui nome ha il senso di 'versante dirimpettaio', ma non è chiaro se si riferisca a località a destra della strada o a sinistra. Sulle carte IGM, la Facciata è posto in maniera equivoca.

101. Scendendo ancora verso Collimento, si trova sulla destra, nei pressi di un recente bivio per un gruppo di residens, la fonte dell'arsùra. Questo nome, riportato come F.te Arsura sulla carta IGM, deriva dalla scarsa portata della fonte, e dal fatto che sarà per lo più secca dall'autunno in poi.

102. Il citato gruppo di residens prende il nome dalla località di pràta lunàra, chiamata Prato Lonara sulle carte IGM. Si tratta di un composto di prata 'prateria', voce spesso attribuita a località coltivate, e di un derivato di luna, con riferimento ad una forma arcuata dalla località. In alternativa, il toponimo potrebbe celare un antico personale, come Lunarius o simili.

103. Sotto la strada, in corrispondenza dell'insediamento di Prata Lunara, si trova la chiesetta mariana di pìsti cangégli (1048 m). Il toponimo equivale a quanto riportato sulla cartografia IGM, Mad.na di Peschio Cancelli. In effetti, abbiamo a che fare con una variante forse arcaica di peschio, che presuppone un latino *pestlum, a sua volta adattamento dell'osco pesslu-. Il senso del toponimo non è chiaro, ma forse ha a che vedere col significato originario della voce osca, e cioè 'cardine'.

104. In corrispondenza del bivio per Lucoli Alto, si trova la sorgente di fonzariàta, che ha dato il nome alla valle che scende nei pressi, detta fùsso de fonzariàta. Sulle carte IGM i nomi riportati sono F.te Fonzariata e Valle Fonzariata. Secondo l'etimologia di Ernesto Giammarco, fonzariàta riflette un antico sintagma latino fons aerata ossia 'fonte arieggiata'. L'antichità del toponimo pare giustificata dalla vicinanza di San Michele.

105. Il fosso successivo a quello di Fonzariata, per chi prosegue verso Lucoli Alto, è il fùsso de fondicciòla, chiamato Valle Fonticciola pure sulla cartografia IGM. Non si hanno tracce della 'fonticciola' da cui dipende la designazione. Non è riportata sulle carte, né ricordata dai locali.

106. Da Lucoli Alto si sale col sentiero n° 6B al Monte di Lucoli. Un'alternativa, certo meno suggestiva, è una carrareccia realizzata di recente che parte da Vado Lucoli. Dopo un bivio che porta al Monte di Roio, si entra nella prativa vàlle césca (1426 m). Il toponimo è riportato come Vallecesca sulla cartografia IGM, ma può essere analizzato come valle vecesca, da vece 'porzione di terreno seminativo', ossia 'contrada seminativa'. Per la fonetica locale, la v in posizione intervocalica è infatti caduta. Il costone che guarda da nord la valle è noto come solàgna de vàlle césca, per via dell'esposizione a sud, cioè a sole. Sulle carte IGM si trova l'errato adattamento Solaiola di Vallecesca.

107. Dopo la Valle Vecesca, la carrareccia entra nell'ampio piàno egliu mónde, dove si notano i resti del Monte, ovvero di un antico insediamento agricolo-pastorale stagionale, secondo quanto riportato nella guida CAI. Più sopra, si trova una casetta ed un rifugio. La località, Piano del Monte sulla cartografia IGM, è evidentemente il 'monte' per eccellenza di Lucoli, ovvero il sito dove si svolgeva la transumanza verticale, ed i pastori risiedevano stagionalmente. Non va accettata dunque l'ulteriore collocazione IGM del toponimo il Monte, che allude ad un dosso (1690 m), dove si trova pure un serbatoio, perché il valore italiano di 'monte', inteso come 'montagna, elevazione, cima' è diverso da quello locale.

108. A sud del Piano del Monte c'è la contrada delle cónghe, oltre la quale ci si affaccia su Prata Lunara. Si tratta di piccoli avvallamenti, forse messi a coltura dai locali. Sulla cartografia IGM, il nome le Conche è riportato.

109. Dal Piano del Monte, la guida CAI consiglia la salita alla cima (1654 m) sulla dorsale della Serra Lunga, che sulle carte è indicata come M. Rotondo. In effetti, il toponimo còlle rotónno è stato registrato presso i locali, ma potrebbe trattarsi di un influsso della designazione ufficiale, in quanto ci si sarebbe attesi la metafonia di ó in rotùnno. In ogni caso, il nome riflette la forma tondeggiante dell'altura.

110. Un'altra località è quella di cerquìto, un bosco che si trova fra Vado Lucoli ed il convento di San Giovanni. Il toponimo, che è riportato come Cerqueto sulle carte IGM, riflette proprio il fitonimo cerqua, dissimilato dal latino quercea 'quercia', attraverso il suffisso collettivo -eto.


Il Monte di Roio
111. La carrareccia che sale da Vado Lucoli si biforca a monte del Fosso di Fonticciola, in un ramo che prosegue verso il Monte di Lucoli, ed uno che invece va al Monte di Roio, cioè al Piano di Càmpoli. Lungo il ramo di carrareccia che va al Monte di Roio, si trova la prèta acquàro, da cui forse stilla acqua. Più avanti, si entra nella vàlle marìna, prima di giungere al piano delle casette di Roio. Il toponimo Valle Marina, pure riportato sulla cartografia IGM, contiene l'appellativo marina che equivale a 'zona umida, pantano'.

112. Anche la zona che separa Lucoli Alto dal piano di Càmpoli è chiamato curiosamente ju mónde, e come tale è pure riportato sulla cartografia IGM che colloca il Monte in questa zona. Probabilmente i lucolani riprendono la designazione in uso originariamente presso i roiani, per i quali il piano delle casette è il loro 'monte', ovvero il luogo della transumanza verticale. A Roio si trova infatti il toponimo Casetta del Monte lungo la via che conduce al piano.

113. Un settore a sud del Piano di Càmpoli, separato da questo da una strettoia fra due dossi, è detto vàlle fìcora. Sulle carte IGM si riporta Valle Fico, ma la versione dialettale contiene il plurale in -ora di fico, che viene spesso usato per indicare anche il singolo frutto o pianta.

114. Fra Lucoli Alto e la Valle Fìcora si trova un'altura che costituisce il principio della dorsale della Serralunga. Sulle carte IGM, questo tratto è chiamato Serralunga di Vallefico, ma per i locali di Lucoli Alto, è semplicemente sàra lónga. L'appellativo sàra è una variante dialettale, ascoltata anche altrove in area aquilana, di serra, che indica un 'crinale accidentato'. L'aggettivo lungo appare qui appropriato, in quanto la dorsale della Serralunga si sviluppa fin oltre il Monte di Lucoli, per più di 5 km. Infatti, anche i locali di Casamaina conoscono il toponimo serra lónga, che assegnano evidentemente al tratto a loro più vicino, cioè al Serralunga della cartografia IGM.

115. Per salire da Colle di Lucoli al Monte di Roio, si utilizzava una mulattiera che parte dalla zona delle rottélle, non lontano dal santuario della Beata Cristina. Il toponimo è riportato come Rottelle sulla cartografia IGM, ma andrebbe emendato in Grottelle, dato che il nesso gr- in dialetto spesso si risolve in r-.

116. Il pendio rimontato dalla mulattiera di Colle di Lucoli è noto come le còste, ed in tal modo è pure menzionato sulle carte IGM, le Coste. Si tratta dell'appellativo costa 'pendio', in genere, ma non sempre, assegnato a pendii esposti verso sud.

117. Dopo una serie di tornanti, la mulattiera di Colle di Lucoli raggiunge la mbostèlla, prima di entrare nella Valle Marina, congiungendosi con la carrareccia proveniente da Vado Lucoli. Il toponimo in questione, assente sulle carte IGM, riflette l'appellativo dialettale mbòsta, esito del sintagma in posita 'posta', equivalente a 'stazzo'.

118. Da ultimo, va citata la vàlle majóre, che si trova al lato della recente carrozzabile che unisce Colle di Lucoli a Roio Piano. Il nome della valle è Vallemaggiore sulla cartografia IGM, che riporta pure il nome della Crocetta di Vallemaggiore (1000 m), posta su una sella a segnare il punto più alto di una mulattiera che univa Colle di Roio a Piaggia di Lucoli. L'origine del toponimo è trasparente, avente il senso di 'valle più grande' fra quelle della zona. L'appellativo valle ha qui un significato adatto a zone pedemontane, e cioè 'conca, avvallamento'.