Dialetti abruzzesi

I parte - Tratti fonetici

II parte - Aree dialettali

Classificazione dei dialetti

In questa pagina intendo proporre un modello per descrivere le variazioni dialettali e le relative aree identificate nelle due parti precedenti. Il modello tradizionale si avvale delle isoglosse, linee riportate su carte geografiche che delimitano l'aerale di un certo tratto linguistico (lessicale, morfologico o, come nel nostro caso, fonetico), ma non fornisce un criterio per definire i dialetti che risultano compresi tra queste isoglosse. I linguisti ricorrono allora a descrizioni qualitative e, spesso, arbitrarie. Ad esempio, la classificazione di G.B. Pellegrini identifica quattro aree con nomi per lo più geografici: marchigiano meridionale, teramano, abruzzese orientale adriatico e abruzzese occidentale, ma non è chiaro da quali fasci di isoglosse siano identificati.

Nella II parte di queste note ho già proposto un'identificazione delle aree dialettali che risultano distinte considerando alcune isoglosse fonetiche. Inoltre ho mostrato come, contando le isoglosse che separano le aree, ovvero il loro grado di "diversità", sia possibile raggruppare più aree in macro-aree relativamente omogenee.

Tuttavia, questo metodo dà luogo a numerose piccoli "continua" e ad aree isolate, rendendo di fatto impossibile una classificazione comprensiva. In questa pagina propongo di usare un algoritmo basilare di partizione dati (clustering) al fine di raggruppare le aree omogenee in un numero dato di macro-aree. L'algoritmo in questione è il classico k-medie, che minimizza la somma delle distanze tra i dati di uno stesso raggruppamento ed il suo elemento medio. Diversamente da molti studi dialettometrici che hanno applicato k-medie (in realtà varianti più sofisticate dell'algoritmo base) prendendo come misura della "distanza" quella di Levenshtein fra singole parole rese nei vari dialetti, qui uso la distanza definita nella pagina precedente, cioè quella calcolata a partire dalle stringhe di 10 caratteri che codificano i 10 fenomeni fonetici considerati.

Usando questo metodo, ed imponendo successivamente la ripartizione in 2, 3, 4 e 5 macro-aree, ho ottenuto le carte seguenti.

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I dati e i risultati sembrano confermare le classificazioni dei dialettologi (che non usavano k-medie). Volendo fare 2 gruppi, si separano i dialetti "orientali" (adriatici e peligni) da quelli "occidentali". Aggiungendone un terzo, viene fuori un gruppo "meridionale". Con K=4 questo gruppo meridionale si divide in due, uno sud(orientale rivolto al Molise ed uno sud-occidentale rivolto al Lazio. Con K=5 si separa un gruppo "settentrionale" (teramano-ascolano). Solo con K=6 i dialetti nord-occidentali tradizionalmente classificati come "mediani" (aquilano, carseolano e tagliacozzano-palentino) si separano da quelli occidentali tradizionalmente classificati come "meridionali" (marsicani ecc.).

Una volta classificati con questo metodo tutti i dialetti centro-meridionali, il risultato che si ottiene per l'Abruzzo è in linea con la classificazione parziale K=4 qui sopra. In Abruzzo compaiono aree afferenti a tre raggruppamenti dialettali: quello abruzzese, quello mediano, e quello campano-molisano.

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